mercoledì 17 febbraio 2016

DAVID FOSTER WALLACE e l'autore/brand (The end of the tour)

parole: Sistema, intrattenimento, bisogno
libri: Infinite jest, La scopa del sistema, Come diventare sé stessi, Lamento di Portnoy, 24/7.


Vi piace correre? Grandi distanze, fasi diverse di fatica ed eccitazione, tempo per pensare. Se questo vi piace, è il momento di leggere Infinite Jest. 1400 pagine, una fatica epica con tanti ristori e una massa di emozioni diluite lungo il percorso. Ora c’è questo film al cinema, “The end of the tour”, che parla dell’autore di quel libro, di come viveva il grande successo di Infinite Jest. Ah, lui si chiamava David Foster Wallace, americano. Magari si riparlerà un po’ di lui, con la promozione eccetera.

È vero: tra librai si dice che la gente legge “l’autore”, non il romanzo. Nel mondo dell’editoria, l’autore è ciò che oggi si chiama BRAND. Per vendere più merce, il Sistema elabora e spinge un brand, un LOGO. 
Nel caso di Foster Wallace, anch’io, dal secondo libro, leggo l’autore; cerco gli ingredienti che mi sono piaciuti nel primo libro, e siccome poi lui è pure morto, mi è scattata una “devozione” all'autore come uomo. Se molta altra gente si comportasse come me? Se l’editore, o l’autore stesso, se ne accorgono, scatta l’operazione di marketing sull' Autore-Brand. I signori delle Case Editrici e gli artisti si organizzano per soddisfare il bisogno, e lavorano per indurre il pubblico a soddisfare continuamente quel bisogno. 
Il prodotto deve sedurre la gente. Nel successo dell’arte c’è sempre un contributo della Seduzione. Mi piace come concetto, ma ciò che voglio dire è altro: il pubblico fruitore e acquirente esiste a prescindere dai prodotti e dai produttori; a partire da questa esistenza, tutto ciò che si crea per essere proposto agli altri può diventare merce di scambio (lo è questo brano); è nato un modo per sfruttare questo bisogno di merce culturale. Qui chiamerò quel “modo” il Sistema. 
L’editoria è la scienza che trasforma i libri in merce; chi  crea libri può perfino essere disonesto senza temere nulla, ma se non ha il talento di comunicare e di suscitare, verrà defecato dal Sistema, avrà fallito. A quel punto la storia finisce. Stesso discorso vale per i librai: devono comunicare e suscitare, non soltanto vendere. Ma ecco il nesso con Foster Wallace: con lui mi pare sia stato fatto il tentativo di sfruttare la seduzione del personaggio. Il Sistema, senz’altro con garbo,  ha incluso l’autore in un meccanismo ricco di paradossi, a fine lecitamente mercantili. Pare che Lui abbia vissuto questa cosa – o la cosa simile che gli è comunque capitata, vedere il film – con forte travaglio. 

Sia la Critica che il film insistono sulle sofferenze di Wallace. "E’umano, è rock, è fico, ci si può identificare"… Ma pensare a queste faccende di marketing disturbava il mio leggere.
I libri di Foster Wallace, spesso pungolano efficacemente. Fai altrettanto presto a dire “che razza di esaltato!” oppure “ammazza, che bello!”. Meno immediata la reazione “questo mi sta fregando”. Impossibile l’indifferenza. Ci sono tante diversioni sospette, ma perfino in alcune di esse c’è il “raggio traente” alla Star Wars. Chi legge si sente coinvolto. E’ probabile, davvero. Come avviene? Be’, intanto a chi dice che bisogna essere come l’artista per emozionarci a ciò che egli fa io rispondo: stronzate! Avviene perché ti si sveglia un ricordo, ti arriva un aforisma, ti sembra utile leggere… 
Le parole di questo gigantesco yeti americano ti chiamano in causa, possono portarti da qualche parte: se questo non è ciò che cerchi, usa Infinite Jest per arrivare allo scaffale più in alto (potresti trovare Philip Roth). Volevo dire, puoi sentirti coinvolto da chi è l’opposto di te. Sia Bukowski che Dante possono coinvolgere lo stesso individuo, e non mi dilungherò anche su questo. Il punto è che – simili o differenti – autore e lettore instaurano una forma di relazione attraverso l’opera d’arte. Questo legame è fragile, e credo che il Sistema debba essere in grado di salvaguardarlo
.
Nei libri che ho letto di Wallace io sento che, oltre alla seduzione – talvolta dispersiva - io sono oggetto di una provocazione. Guardate, ho letto tanta critica: pare che egli si credesse migliore del resto del mondo, o come minimo ultimo arrivato nel gruppo dei Primi. Un provocatore snob? Ok, ammettiamo che sia vero: perché non lasciamo stare l’individuo e ci concentriamo su cosa ha fatto? Lui ha ripetuto che non voleva essere “uno che ha dei fans”. Lui non voleva essere un brand. Ma noi vogliamo proprio identificarci, perché, oh è mooolto più emozionante! Insistiamo a volerci immedesimare. Bene, benissimo: andiamo a chiedere La scopa del Sistema al libraio e vediamo che succede!

"La Scopa"! (Tranquilli è solo una provocazione!)
La scopa del Sistema è il romanzo d’esordio di David Foster Wallace.
Trascrivo degli appunti che presi mentre leggevo quel romanzo: “Mi sento spesso tirato, stimolato. Questo è sentirsi coinvolti. E a me piace. Mi fa attivo. E’ intrattenimento? Sì; è commerciale? Certo, ma la cosa figa è che mi fa andare il cervello a mille.” Vi sembra che me la stia tirando da intellettuale? E chissenefrega. (E’ così, sì.)
Anche a me piace Die Hard, mi diverte; ma quello è un film che va subìto, e si potrebbe ammettere che l’immedesimazione nel personaggio di Bruce Willis è piuttosto illusoria. Finito il film, finisce tutto. Ci si sente vuoti! Invece una lettura difficoltosa, seppur vivace, come di Infinite Jest o anche de “La Scopa”, mi diverte e mi rende attivo, e “attivarmi” mi fa bene. Dura di più. Vi garantisco che è qualcosa di erotico!
L’immedesimazione è meno facile in, ad esempio Lenore Beadsman Jr (eroina de “La Scopa”), ma più realistica. L’abitudine a queste relazioni con prodotti culturali (non con il logo) potrebbe addirittura far bene alla collettività. L’industria dell’intrattenimento non deve accantonare la provocazione. Badare ai fatturati trascurando i contenuti può minare le basi del Sistema stesso. Chi investe nella cultura non può pensare di aumentare i margini all’infinito. Si elaborano schemi e poi si sfruttano al massimo, ripetendoli finché c’è da spremerne un quattrino (e un buon motivo per parlare di Foster Wallace è che lui non si è ripetuto).

Non è aprendo h24 cinema e librerie che si consoliderà l’industria dell’intrattenimento. Lasciateci dormire!
Su internet possiamo già comprare libri e film a qualsiasi ora: non rende migliore l’umanità.
L’autore ha parlato molto del Sistema d’intrattenimento americano. Davvero, molto! Non ne faccio un profeta, solo anticiparvi che:
- egli non scioglie l’ambiguità delle sue scelte decisive, che magari molte persone si aspettano di sciogliere grazie a una buona lettura, ma
- ha fatto in tempo a scrivere alcune battute acide contro il Sistema dell’Editoria.
Battute che sopravviveranno alle opinioni. Ad esempio, in “La Scopa”...
- pag. 67: leggerete che una truce segretaria zitella predice alle attraenti dipendenti della Vigourous Edizioni il fallimento della loro azienda, con questa formula: “Finirà che la vostra ditta fallisce. Una casa editrice a Cleveland, cose da pazzi.”

Perché non leggere David Foster Wallace allora? Anche se qualche amico potrebbe pensare che siete snob, o che vi atteggiate a nerd impostori, non vi preoccupate troppo! Con una lettura che vi piace, fareste uno shampoo ai vostri neuroni. E vi sentirete subito meglio.
Il Sistema, com’è oggi, in Italia, può danneggiare i libri, i librai e le librerie? Certo, è possibile. E’ stato grazie alla lettura di libri contemporanei (come ad esempio “24/7” di Crary) che ho pensato all’eventualità che il Sistema di cui faccio parte potesse finire, implodendo, facendosi male da dentro. Eppure non intendo far altro che stare nella corrente. Cosa c’è di male se l’intrattenimento è artificioso, studiato e pianificato? Su 10 libri degli autori top di oggi, quelli originali sono uno o due. C’è qualcosa di cattivo, a parte lo sperpero di energia e carta? No. Non cattivo, ma forse di sbagliato sì, e ci vedo dei rischi: disaffezione, noia, logorìo del pubblico – a danno della lettura, non dei prodotti culturali in genere. 

Il Sistema è occupato a saziare una fame fine a sé stessa. Quasi tutti quelli che ci lavorano, osservano con apatia il fenomeno. Penso a Mr. A. Portnoy, quello di “Lamento di Portnoy” (Philip Roth): impiegato pubblico a New York, dipartimento Discriminazione, è mio fratello gemello in ambito professionale. Dapprima mosso dalle migliori intenzioni, egli troppo presto si adatta al Sistema, e cerca pure una giustificazione. Ritiene che il proprio lavoro sia importante, come un baluardo di Civiltà. 
La spinta ideale sopravvive? O si è forse affievolita a vantaggio di un quieto vivere? Un nuovo patto prima con sé stesso e poi con il Sistema. Sembre reggere. Poi: dubbi. Va dallo psicologo. E’ una delle sue innumerevoli amanti, però, a inchiodarlo: “tu non sei il nemico del sistema. Tu non sei neppure una sfida al sistema, come hai l’aria di credere. Tu sei solo uno dei suoi poliziotti, un funzionario stipendiato, un complice. Scusami ma devo dirti la verità: credi di servire la giustizia, ma sei soltanto un lacchè della borghesia. Avete un sistema intrinsecamente crudele […] e la tua attività […] è fare apparire legittimo e morale tale sistema.” Finiremo tutti nel gorgo? Forse. Se si sminuisse, delimitandolo o ignorandolo, il fattore “autore”, il Sistema non funzionerebbe? Chi teme questo?

Prendiamo quella scopa: se anziché la spazzola, usassimo il manico, e ci rompessimo la gabbia di vetro? Creatività! Ognuno potrebbe essere la Scopa del Sistema.

 (la traduzione di La scopa del sistema che ho letto io è a cura di Sergio C. Perroni)