domenica 16 agosto 2020

Il cambiamento climatico scritto (e forse scongiurato) da uno scrittore fenomenale

  Libri: Dimora Naturale, Clean - tabula rasa, Altrimenti siamo fottuti
  Parole: unionale, contagio da covid-19, lockdown, intenzione

I miei scrittori internazionali preferiti sono tre. Due li conoscono tutti - e uno dei due è Borges. Il terzo è Jonathan Safran Foer, che dei tre è l’unico a essere vivo! 

Giuro, io non so dire con certezza il cognome di nessuno dei tre! 
Prendete Borges: Jorge Luis Borges, argentino, premio Nobel mancato per un pelo. Tra me, altri librai e clienti ogni tanto si diceva Borkès, a volte con la r di Roma, a volte alla Guccini, Bòrghes, o al limite alla francese - ?! Finalmente, la funzione “pronuncia” di Wikipedia fa da arbitro! Ma prima? 
Se prendiamo Jonathan Safran Foer il cognome in Italia è diventato per pigrizia Foer, ma quando dici solo “Foer” in libreria, ormai, il problema è un altro: quale Foer? Jonathan, Franklin o Esther? Esther è la madre del narratore. Ma io resto indeciso se dire o no Safran Foer. Insomma: i miei scrittori “stranieri” preferiti, miei amici immaginari, io non saprei come chiamarli. Orribile. Con le amicizie virtuali è così. Potrebbe mancare la reciprocità. 
Quello che conta, alla fine, non è l'autore, ma l'opera.
Quando il libro ti è piaciuto, il nome di chi l'ha scritto non è che un'indizio in una caccia al tesoro.

Durante il lockdown ho letto molto più del solito. Dovendo fare a meno di quelli reali, ho frequentato i miei amici immaginari. Avevo più tempo, avevo più bisogno. Ma c'è un'altra ragione. 
 Qualche mese fa è uscito l'ultimo di Jonathan Safran Foer e facevo ancora il libraio. Comprato subito. Non letto. L'ho ripreso nei mesi scorsi perchè azzeccato per l'era Covid. Il punto è che questo libro mi ha dato un mucchio da fare. Per godersi il libro, sempre, deve stabilirsi un rapporto di fiducia con l’autore. Per cui, se uno scrittore ti parla di alimentazione, inquinamento, o cosucce tipo l’estinzione del genere umano, qualche verifica ti tocca farla. A meno che tu non voglia un Profeta e basta, a prescindere da cosa dica, ok? Quindi per leggere il libro di Foer, mi sono letto un bel po’ di testi collegati. Ne è uscita una lettura appagante. Posso dire che, più che una lettura-standard [passatempo, emozione (il buon vecchio caro narcisismo?)], ne è venuta fuori un’idea. Qui però parlerò del libro e non dell’idea che ha generato. 


 Possiamo salvare il mondo, prima di cena: è l’ora giusta 


Qualsiasi autore può tornare su un tema e ripetere sé stesso senza essere condannato, e Safran Foer lo ha fatto dopo 3 anni. Ha fatto bene!

 “Possiamo salvare il mondo, prima di cena” è una cosa bella. Oggi ci sono buone ragioni per leggerlo, a prescindere dalla storia dell’autore e dei suoi precedenti libri. Contiene un antidoto all’indifferenza. Di più. Ha una dote che nessun’altro libro di Foer ha avuto. La tempistica

Scritto da un mago. Simpatico.
Capace di cambiare punto di vista. Una partita persa che però viene giocata, "perché vale la pena". Come si può indovinare dal titolo, in quest’opera Foer dimostra di avere in mente una specie di appuntamento. L’appuntamento è uno dei pezzi della poetica di Foer (con la verità sulle origini della propria famiglia = appuntamento in “Ogni cosa è illuminata”; con la fragilità che anche gli Stati Uniti prima o poi dovevano sperimentare = l’11 Settembre in “Molto forte, incredibilmente vicino”; in “Eccomi”, il cui titolo è già un’allusione all’appuntamento, questo tema è semplicemente lampante). 

Per chi ha già letto qualcosa di Foer, questa faccenda del “tempo” è familiare. E simbolicamente familiare è anche il titolo, che contiene un “prima di cena” molto accattivante. Sediamoci a tavola, allora: dentro al volume troviamo date specifiche e appuntamenti imperdibili e scopriamo la sua dote più originale:

questo è l’unico libro di Foer che arriva in anticipo! É uscito lo scorso settembre e serve ADESSO. All’uscita si inseriva nel filone dei libri sull’ecologia nel versante catastrofista. Molte lodi. "C’è un sovraccarico?" Sì. A tratti sembra di sì. "Ma è leggero, si legge bene?" Sì. Questo Johnny qua c’ha una penna che è un massaggio thailandese: è tosto ma fa bene! E si prende i suoi momenti di estro e di ironia. 
Credo che Foer sia una persona molto gentile, al punto di essere indulgente con sé stesso, come con i suoi lettori. E lo scoprirete. 

sabato 29 febbraio 2020

Ricorso alla lettura al tempo del coronavirus


Libri: Cecità - Merenda da Hadelman
Parole: famiglia - prefica - paziente uno - giallo - coronavirus

Ho cambiato lavoro da un mese. Facevo il libraio. Ho rimesso ordine nel mio tempo. Un cambiamento già importante - perchè è arrivato dopo tanti anni in libreria, ormai facevo parte del mobilio - al quale si sono aggiunte altre novità, queste temporanee, per via del coronavirus. In effetti, la vita filava fin troppo liscia!
 Vivo a poca distanza da Codogno, un posto che ho sempre visto come "il paese della Lombardia più vicino" e che ora mi scappa di chiamare "focolaio". L'argomento del virus è vivido e lo sento vicino. Scrivo pensando a chi è in quarantena e a chi, in varie forme, ha visto cambiare la propria vita in funzione di un certo isolamento. Penso che tutte queste novità scomode siano temporanee, e credo che la lettura sia uno strumento formidabile per affrontarle, in attesa di uscirne. Dobbiamo uscirne e ne usciremo. Ho sentito di amici che lavorano da casa, di amiche che per scelta tengono spento il televisore e anche di conoscenti costretti in quarantena. Se ancora non avete buttato lo smartphone nel cesso, spero che questa paginetta vi dia lo spunto giusto per leggere roba che vi piaccia. Vi parlerò di due libri azzeccatissimi per chi vive in tempi di coronavirus.

Una specie di lampo nella testa mi ha fatto pensare a Cecità di Saramago, letto qualche tempo fa. C'era qualcosa di magnetico in quel libro. Cos'era? Proprio non mi veniva! Prendendo atto della pessima condizione dei miei neuroni ho preso il libro e l'ho sfogliato. Ho dovuto rileggerlo dall'inizio. Ho avuto un po' di febbre, perciò il tempo di leggere non mi mancava. Per fortuna la risposta era nelle prime pagine: quello che richiamava la mia memoria era un dettaglio portentoso. Cecità racconta la vicenda di una città in cui un #virus faceva perdere la vista rapidamente a tutta la popolazione, senza potersi difendere. Il contagio è facilissimo e fulmineo. Città e persone restano senza nome il che rende inevitabile e potentissima l'immedesimazione!
Il Paziente uno della cecità ha 38 anni: la stessa età del paziente uno del coronavirus in italia. Questa è la parolina, "trentotto" che mi ha attirato a sè. Se questa cosa non vi lascia indifferenti, procuratevi il libro (referenze in fondo al post): ci troverete altre somiglianze. Alla fine l'ho riletto tutto. 
E di corsa!
Raccontami com'è andata, cosa hai sentito, quando, dove, no, non ancora, aspetta, la prima cosa da fare è parlare con una specialista
Non cessava di domandarsi com'era possibile che una disgrazia così grande gli stesse capitando, proprio a lui. A me, perchè? (p.20)
A un certo punto i malati vengono raggruppati dalle Autorità, e devono imparare a convivere - senza vederci. Lì inizia la costruzione magistrale del libro, con dei giochi delle parti talmente ben architettati che è un piacere pensare che esista qualcuno capace di una simile impalcatura. Sembra di sentire Saramago suggerirci di restare umani quando "il medico" dice: 


In un'epidemia non ci sono colpevoli, ci sono soltanto vittime

Una lettura veloce e scioccante, con un linguaggio in prevalenza collinare, dal quale ho imparato il termine prefica. Sorprendente! La trama ha un giusto dosaggio di "aree di sosta". Se vuoi fare un bel romanzo sulla compassione e sull'utilità della collaborazione devi necessariamente mettere in mostra una quantità massiccia di cinismo e di brutalità. Su questo genere di vizi umani si coagulano le forze di reazione tipiche del nostro "lato chiaro". La brutalità di certe scene - io ho fatto fatica e metto in guardia le signore, perchè qui alle donne capita ogni male - è cruda. I cattivi sono disumani, sono indifferenti ai propri simili, cercano un vantaggio immediato senza pensare al futuro, non cercano luce e si approfittano del disastro. Tutto questo però non deve etichettare Cecità come un'opera pessimista. La coesione e la compassione sono meno scioccanti ma, visto l'epilogo, più forti del male. Cecità fa riflettere chi vive l'epoca del coronavirus sull'indifferenza. Questa parola è già stata associata a Saramago; io ci voglio aggiungere altruismo. L'altruismo di una donna, la guida di tutti, ancestrale e reale, mitica e concreta, capace di sopportare di tutto, capace di generare le soluzioni, pur apparendo sotto una luce riflessa, infatti, per tutto il romanzo, il suo nome è "La moglie del medico"...

 Vi voglio parlare anche di un libro più leggero e molto utile per questi giorni a rischio noia e overdose da telegiornali. Merenda da Hadelman è capace sia di intrattenere che di porre un paio di domande: una sulla solitudine e l'altra sulla felicità.
Rispetto a Cecità non ha controndicazioni e in più è italiano.

Spero che non trascuriate le potenzialità della lettura in questo momento in cui all'informazione dovete affiancare una meritata evasione. Contro il tedio da quarantena Nicola Manuppelli è un ottimo antidoto: nei suoi romanzi succede sempre tanta roba. Di questo libro del 2016, zitto zitto, in libreria ne abbiamo vendute oltre 50 copie. Merito del linguaggio montuoso, della galleria di personaggi e anche dell'ambientazione: una Milano reale che tira e che respira, mangia e ha il mal di pancia, che contiene tutto , che eccede e che... sembra vera. Però più di tutto c'è quella faccenda della famiglia. Il buon vecchio Hadelman si ritrova a gestire un bar-caffetteria nel Quartiere. Ormai è un ex poliziotto, con evidenti problemi di depressione. Si crea una famiglia senza legami di sangue. Ciascuno ha un bisogno e un dono. C'è una luce da seguire... La felicità, ancora. Ma la felicità costa, mentre pure la solitudine ha il suo fascino (p. 26)!

Stanco della vita del Distretto, pensa solo a lasciare Milano e sparire il più lontano possibile. Per farlo gli servono soldi. Così, finisce per accettare la proposta di un amico ex-galeotto, da lui stesso più volte sbattuto in galera, uno dei pesci piccoli del Quartiere: Bilco. 
Hadelman deve solo avviare il locale per conto di un amico comune, che si trova in carcere e che pare si sia fatto acchiappare di proposito, un boss all'antica e dal cuore tenero di nome Vilaro.
N. Manuppelli sulla quarta di "Hadelman"
L'ultimo personaggio a cui vi accenno è il mio preferito: si chiama Chan, è #cinese e fa ufficialmente il cameriere. Di notte si trasforma nell'assistente funambolo di Bilco per lavoretti di ogni tipo. Mi piace perchè è di poche parole (un vero cinese in italia) ma è un'alleato fidato e un vero eroe. Oltre al fatto di farmi ridere quando canta e balla il rock americano nelle notti meneghine. Al tempo della diffidenza comprensibile ma un po' ignorante, ricordiamoci quali sono i pericoli veri delle società come le nostre, già composte di tanti colori diversi.

La brigata di personaggi collabora fino all'ultima pagina per opporsi alle sovrastanti forze del male, in questo caso la Malavita con la M maiuscola, e cerca di ricompattarsi oltre ogni colpo di scena, per arrivare - e questo è il regalo di Manuppelli - a un finale giusto e consolante. Lasciandoci una bella trama e, soprattutto un "Decalogo della Felicità" che il vecchio Hadelman fa in tempo a compilare prima che sia troppo tardi. 

E' questo il "film" su carta che io vorrei fosse ben augurante per tutti noi, che attraversiamo il confuso e sospettoso clima dell'Italia al tempo del #coronavirus. 
A presto con qualcosa di nuovo sulla narrativa nordamericana e, spero, su David Foster Wallace.

schede dei libri di questo post:
https://www.lafeltrinelli.it/libri/jose-saramago/cecita/9788807881572 € 10
https://www.aliberticompagniaeditoriale.it/libro/9788893231145 € 16.90