giovedì 1 giugno 2017

«Ho letto che investire in azioni comporta grossi rischi. Ho smesso di leggere!» BITGLOBAL: L’inganno del denaro nell’incanto del romanzo

Libri: Bitglobal, L’ultimo cliente, La linea d’ombra
Parole: bitcoin, rischio, fiducia, verità

Qualcosa di stimolante e ad alto tasso di novità.
Questa è, stringi stringi, la mia impressione su Bitglobal, un romanzo uscito da poco e che ho già riletto: è una fiction che insegna qualcosa a chi ha curiosità per la Scienza delle finanze e per l’Informatica. Se lo vorrete, espanderà il vostro sapere. Altrimenti … è un giallo, classico perche distribuisce bene gli indizi e sfida i neuroni, innovativo perché bilancia la trama con un tema di attualità. Anche se il vostro bagaglio culturale non crescerà, le endorfine verranno rilasciate a fiumi!
Veniamo al “nocciolo”: come è nato questo post?  
Pietro Caliceti, autore di Bitglobal, ha già scritto un romanzo, un legal thriller, L’ultimo cliente. Un sabato è passato in incognito in libreria e mi ha domandato, con discrezione: «Scusi, avete L’ultimo cliente?». Gli ho fatto, più o meno, così: “certo che lo abbiamo, un giallo che presenta la crisi delle nostre aziende”. Lui mi ha detto qualcosa tipo “l’autore sono io”, timido (guardandosi le scarpe). Quattro chiacchiere. E così…


Abbiamo presentato Bitglobal il 26 maggio scorso, un solo giorno dopo la pubblicazione; è venuta la tv locale, è iniziata la vendita, sono arrivate le recensioni positive. A Caliceti l’operazione-originalità è riuscita. Il suo nome non supererà mai Katy Perry o Francesco Totti nelle ricerche su Google, ma anche lui ha la sua unicità.


IL BITCOIN, IL LIBRO E LE LINEE D’OMBRA.

Il Bitcoin: col termine bitcoin si possono indicare tre cose diverse e legate: è il nome di una moneta virtuale, che nessuno stampa ma che tutti possono usare, definisce la “rete dei pagamenti” effettuati con questa moneta virtuale ed è anche il programma che si deve usare, scaricandolo su pc o su mobile, perché la moneta circoli; dire Bitcoin e un po’ come dire Spirito Santo.
Le transazioni con monete “emergenti” non sono il vostro forte? Oh, allora avete DAVVERO un buon motivo per provare questo libro. Ci sono un paio di spiegoni, densi, fighi e un po’ lunghi, innestati naturalmente nell’intreccio, che illustrano questioni complicate tenendo il lettore dentro la trama. La lunghezza mi è parsa, a fine lettura, indispensabile. Caliceti è partito dal bitcoin, ma la sua preoccupazione è scrivere una storia originale. Il bitcoin, semmai, preoccupa le banche Wells Fargo sparse per il mondo, e chiunque ricava denaro dalle commissioni sui pagamenti: il nuovo sistema, infatti, scavalca allegramente tutto il lavoro fatto da American Express e compagnia bella. Magari assisteremo a qualche cambiamento nel settore bancario...

Il libro: una storia per il grande pubblico contiene temi universali. Le monete virtuali non hanno lo status del tema di interesse universale (per ora), quindi cosa c’è di universale in questo volume?
Rischiare per un grande profitto. Non si tratta di avidità, ma di un moto istintivo meno concreto. A p.394 si legge: … “la gente, se solo spera di riuscire comunque a cavarci un profitto, accetta il rischio di essere ingannata […]ma nonostante questo investe comunque”.

Questo brano descrive uno dei passaggi di Linee d’ombra vissuto da alcuni protagonisti di Bitglobal; ho deciso di lasciarlo così, con una riga bianca eloquente, e penso che la cosa migliore sia non dire altro.
Ovviamente il libro non si risolve qui; contiene altri temi universali e io sono riuscito a isolarne due:
La fiducia e la verità. Il contesto in cui questi due temi vengono sviluppati è specifico, esclusivo: i protagonisti della vicenda sono l’avvocato Greg Giuliani e il suo giovane assistente Fabio Mengoni; tra uno studio legale e un altro, si deve concludere un affare multimilionario tra la BitGlobal - un azienda leader nel settore Bitcoin - e un fondo di investimento italiano guidato dall’aristocratico manager Leonardo Della Rovere. Questi è il cliente “tosto”, di grande carisma e blasone, del brillante avvocato Giuliani. BitGlobal è composta dal duetto Dobson & Galsworthy, esperti l’uno di informatica e l’altro di matematica finanziaria, i quali, nel tentativo di strappare a Della Rovere e i suoi soci cifre a otto zeri, dipingono l’azienda come l’astro nascente della new economy. Tutto vero?
“La fiducia prima di tutto”. Sembra uno spot? Uno spot abusato: questo abuso potrebbe essere lo spunto da cui è partito Caliceti. Sembra che tutti ci dicano “prendi i nostri prodotti, accetta il nostro consiglio”. L’autore ci sottopone scene in cui i vari attori devono fare i conti con la fiducia: le riunioni in uno studio legale tra spirito di squadra e tradimento; la collaborazione tra l’assistente giovane e fiducioso e un avvocato molto dotato, suo capo; lo stesso avvocato, infine, vede messa alla prova la fiducia che lo lega a Della Rovere. Più volte il lettore si chiede “questo personaggio si sta fidando di quest’altro? è rischioso! si rivelerà un errore?”
“La verità assoluta è un’opinione”. C’è un passaggio-chiave a p.281, cioè in pieno negoziato: due squadre contrapposte, che vogliono scucirsi centinaia di milioni di euro a vicenda, tensione al massimo e energie nervose allo stremo. Il lettore è già diventato Mengoni, perché Mengoni assiste alla diatriba. Sul campo della battaglia per il contratto, il piano si inclina più volte,
e la lettura ne segue l’inerzia, e la segue da presso,
e l’inerzia s’inverte sempre più velocemente…

… “Certo, pensò Mengoni, c’è anche questo problema. Però lo stesso ebbe una sensazione strana. Era come se ad ogni momento venisse fuori un nuovo strato di verità. Erano tutti veri; ma se erano tutti veri, c’era davvero una verità?”
Mengoni è il personaggio che deve passare la Linea d’ombra; più di una volta. Ogni volta con un torcersi di viscere.
Qual è il disagio? Il disagio, per me, è che ho ricordato quando ho vissuto la “sensazione strana” di un passaggio tra livelli di verità diversi, quando mi è parso incompleto quello che per un po’ era stato il mio strato di verità “di comfort”. E per giunta, al disagio di riconoscere che mi ero sbagliato, si aggiungeva la sensazione di non poter in alcun modo fare a meno di accettare che la nuova verità fosse migliore della precedente; che sarebbe stato stupido rimanere allo stato anteriore, ma altrettanto sarebbe stato insufficiente il procedere. In pratica: la follia.

Le Linee d'ombra: nelle scene intorno al brano riportato si scende sempre più in profondità, a un punto in cui potremmo rivolgere domande a noi stessi, in mancanza di occupazioni migliori. Il negoziato per Bitglobal, credo sia uno stratagemma da scrittore per parlare di Noi: è un negoziato simbolico, per così dire; è il tentativo di fare un patto, il patto che cerco tra due me stesso, quando c’è una scelta cruciale da fare, quando devo crescere e  sono in procinto di passare una Linea d’Ombra.
Avete presente quando si percepisce che, sì, potrei scoprire di più, ma avverto un allarme, un fastidio, e se scavo troppo potrei “sfondare”?
Dubiti che ci sia un fondo, un traguardo definitivo e soddisfacente. E pensi che la risposta migliore sia, davvero, che non c’è UNA verità. Che conviene saper stare meglio possibile nella verità che si percepisce, coi sensi tesi e aperti al mondo attorno.
Questo me lo ha dato Bitglobal.

Auguro a Caliceti di continuare a scrivere le “cose vere” con il suo tono discreto e sensibile. Di insistere nella ricerca di novità: così continuerà a essere unico, e i suoi libri continueranno a piacere. 

lunedì 17 aprile 2017

Jónasson promoter dell'Islanda Romantica

Libri: L'angelo di neve, Luce d'estate ed è subito notte
Parole: corrente, claustrofobia, appartenenza, Islanda

C’è sempre bisogno di un motivo valido, per scrivere. Bisogna trovarlo. Stavolta ne ho trovati due: il primo è che ho un buon libro da raccontare e il secondo è una polemica dalla quale mi sento toccato. In questo soleggiato aprile, in cui succedono anche cose brutte e molto serie, uno dei temi d’attualità è “lavorare di domenica”. In Italia quasi 5 mln di persone fanno lavori con turni festivi, 3,5 mln hanno un lavoro precario e più di 3 mln sono disoccupate. Tra chi ha deciso di esprimere il proprio parere attraverso i social, prevalgono i contrari al lavoro domenicale. Io sono in minoranza: a me va bene lavorare anche nei festivi.
Questo E’ il punto di vista di un libraio lavoratore-dipendente, e NON E’ una contestazione dell’opinione altrui: se mi lasciate lavorare in pace a Pasqua, vi prometto che non lavorerò qualche altra domenica. Ok?


                      1 L'Angelo di Neve fa bella mostra di sé insieme ad altri gialli scandinavi

Come dicevo, ho anche trovato un libro bello. La comunità di autori, che forse esagero a chiamare “Scuola Scandinava”, non si è seduta sulla sua buona reputazione ma si sta aggiornando e allargando, e questo rende tutto il movimento ancor più interessante. Sono convinto che ci sia ancora molto da scoprire circa la letteratura del Nord Europa, anche al di fuori della corrente del crime scandinavo.
Quando si parla di narrativa, l’Islanda viene considerata un paese scandinavo. Anche qui, sul “continente”, gli islandesi si leggono bene. Mi pare che l’apporto islandese al successo globale dei libri nordici sia notevole. E questo è sorprendente se si considera che al mondo ci sono solo 330mila islandesi! Obiettivamente non è una grossa cifra. Su questo essere pochi e perlopiù decisamente “appartati”, i migliori tra loro ci scherzano su. L’autore Jòn K. Stefànsson, ad esempio, ha ironizzato su certi tratti tipici islandesi nell’incipit del suo ultimo libro:
Stavamo quasi per scrivere che la particolarità del paese sta nel non averne nessuna […] sicuramente esistono altri luoghi in cui la maggior parte delle case ha meno di novant’anni, luoghi che non vantano nessun personaggio rinomato, nessuno che si sia fatto notare nello sport, nella politica, nel commercio, nel mondo del crimine.  Luce d’estate ed è subito notte, p. 7
E poi c’è gente come Ragnar Jónasson. Questo giovanotto classe ‘76 veleggia alla grande nel Regno Unito, ed è un islandese che è emerso. Ho letto il suo libro d’esordio, L’angelo di neve, e l’ho trovato molto emozionante. Un motivo valido in più per dedicargli un post è che questo è il primo suo libro pubblicato nella nostra lingua. L’ambientazione è particolare: nel suo essere estremamente nordica risulta anche molto esotica, specie per noi italiani. Siamo nella città di Siglufjörður, vicino all’area più sperduta dell’Islanda, i Fiordi Occidentali. I fatti si svolgono tra fine 2008 e inizio 2009, durante la pesante recessione economica. Il protagonista, Ari Þór Arason, proviene dal sud, da Reykjavik, dove il clima è migliore e la gente più aperta o, piuttosto, meno abbottonata, ed è il classico pesce fuor d’acqua. 
Siglufjörður conta 1200 residenti, ed  è universalmente catalogabile come Piccola Città; peraltro, da quando le aringhe hanno lasciato il fiordo su cui si affaccia, è indubbiamente un EX florido-centro-commerciale-marittimo. Succede poco, vige il rispetto reciproco e il massimo della vita è fare parte della filodrammatica (amatoriale). Per i concittadini, però, è una città "grande", dato che vanno considerate veramente piccole solo le città con 600 abitanti. Questo ci serve per capire subito il contesto, ed entrare nel mondo islandese, il quale ha regole e misure tutte sue. Un mondo dove l’acqua dei rubinetti, di base, è calda e dove, per la stessa ragione, gli alberi di Natale arrivano dalla Svezia, e quella ragione è la straripante vitalità geotermica, che scalda le falde e rende la vita difficile alle radici degli alberi. Detto questo, si tenga presente che Siglufjörður pare abbia un clima invernale da incubo. O almeno così sembra  a chiunque sia abituato agli inverni a sud di quella “grande” città. Una cosa che mi piace un sacco del libro è che, al pari di Ari Þór Arason, il Clima è Protagonista. Ari  Þór (leggiamolo pure Ari Thor all’inglese o meglio ancora Ari Dor) è un bel giovanotto di 24 anni che si trova a un bivio della propria vita: è uno che non mette radici, un istintivo, e fino a poco tempo fa stava studiando teologia. Si trovava giusto sul punto di divertirsi parecchio sotto alle coperte con la sua ragazza quando, improvvisa e torrentizia come solo le proposte di lavoro islandesi possono essere, gli arriva un’offerta del tipo “prendere o lasciare” dal distretto di polizia di Siglufjörður. Gli telefona personalmente il capo della Polizia Locale, Tomàs, un uomo tutto d’un pezzo che ha sempre vissuto a Siglufjörður, cioè molto, molto lontano da Reykjavik.
Ari Dor accetta su due piedi.
La sua ragazza ne prende atto glacialmente, come solo le ragazze islandesi (deduco) sanno prendere atto delle decisioni impulsive e del tutto destabilizzanti del proprio partner. Il profilo di Ari Dor rimane descritto in modo grezzo. I tratti presenti in questo episodio si devono prendere necessariamente come i più salienti. Certo… Alle bufere di neve vengono dedicate descrizioni più esaustive e mi auguro che la sua caratterizzazione migliori nella prossima puntata. D’altra parte il meteo infernale del gennaio islandese è davvero importante in questa storia: è esso a portarci nel necessario clima di tensione claustrofobico. Siamo a metà libro, al 18 gennaio 2009, tra interminabili tormente e odiose valanghe quando l’autore butta lì che “l’atmosfera COMINCIAVA a diventare opprimente”. Il che è tutto un programma. Una situazione simile avrebbe fatto venire l’esaurimento nervoso anche ad Osho; comprendi che Ari Dor sta letteralmente sbroccando e solidarizzi con lui. Infatti, mentre i cittadini di Siglufjörður sembrano “felici di godersi il maltempo da dietro le finestre”, Ari Dor inizia a subire tanto la mancanza di quel senso di rifugio che ti da casa tua, quanto la forza irrefrenabile e superba degli elementi. Prima gli sembra di “non riuscire a respirare”, poi inizia a passare notti insonni mentre la neve sale fino alle finestre, quindi arrivano gli attacchi di panico e a un certo punto l’“oscurità gelida lo inghiottì”. In questo simpatico contesto c’è pure da indagare, agli ordini del burbero Tomàs, sulla morte di un cittadino illustre e su un’aggressione ai danni dell’Angelo di Neve.
Jónasson descrive bene cosa prova un claustrofobico, e i passaggi in cui Ari Dor soffre sono emozionanti. La galleria di personaggi di Siglufjörður riempie benissimo il quadro giallo della storia e rende vivide le fasi, ben architettate, delle indagini.
Nel finale, quando si raccolgono tutti i fili ma non tutto va come dovrebbe, si prova un senso di disorientamento “contagiosamente umano”, per dirla alla David Foster Wallace. Succede una volta che il caso principale viene risolto, al termine di una sequenza di depistaggi e di intuizioni. “La giustizia è un’illusione”: a p. 276, sono questa le parole del giovane investigatore Ari Dor con cui riconosciamo l’inevitabile, ciò da cui speravamo di poterci sentire al riparo. Ci scappa un sospiro, più un “eh già”, più una leggera espirazione nasale finale. La giustizia in questo romanzo non è impossibile, ma - più concretamente - è scivolosa come un pezzo di ghiaccio. Non c’è alcun disamore verso la ricerca della verità, no. Ma quando gli uomini si applicano perché giustizia sia fatta, devono fare i conti prima di tutto con le proprie debolezze – Ari Dor è ingenuo e impulsivo – e poi con altri uomini. E a volte i conti non tornano. Non cercate filosofia in questo libro, godetevi le emozioni che suscita! Molte sono amare, altre spaventose, ma c’è dell’altro. Dalla scena in cui  Tomàs, nonostante tutto, promette fedeltà alla sua Città e alla sua Terra, scena con la quale Jónasson sembra volerci dire “arrivederci”, trasparisce serenità: lo stesso paesaggio che ha saputo intimorire e tormentare, può regalare la grande gioia di saper stare nella Natura e riuscire a godere della sua Maestà.
È un affettuoso tributo all’Islanda, e un invito a tentare di spiegarsi perché un essere umano si sente legato al territorio dove è nato e cresciuto, fosse anche un angolo d’inferno.

2. Me e due Eroi Romantici,
Islanda, 2004
(archivio privato).

Più che per la riuscita del mix con cui si costruisce un buon giallo, L’Angelo di neve si distingue sia come libro sui tormenti psichici indotti da un clima estremo, sia come biglietto da visita 
per una corrente neoromantica di stampo nordico, adatta a un pubblico trasversale, ampio e in cerca di un nuovo esotismo. Più freddo che mai.