venerdì 31 dicembre 2021

Don't look up e quei meteoriti nel Somerset

Libri: Lo strano mondo di Alex Woods, Passaggio alle stelle (originale: Transition

Parole: #transizione, Social media, #startrek, #genderequality, #tenia

Adam McKay e il suo Don’t look up mi hanno fatto tornare in mente due libri che mi erano piaciuti tanto. Vorrei portare loro qualche lettore in più: vediamo se ci riesco sfruttando questo film di successo!

Di Caprio, Meryl Streep, Kate Blanchett e Mark Rylance sono 4 nomi enormi per un solo cast, e devo dire che questo Poker d’Assi mi ha attirato verso un film che, altrimenti, avrei frettolosamente bollato come un "Remake di Armageddon". Una produzione #NETFLIX col cast stellare e un asteroide poteva fallire? No! Ma siamo di fronte a un film sfaccettato e stratificato, con una strepitosa Jennifer Lawrence (e Timotheè Chalamet, che è OVUNQUE e che tra un po’ presenterà un tg della sera) e a un successo addirittura da record! Un bel film che puoi goderti dal divano di casa a dicembre, per giunta (nei giorni in cui le regole per uscire stanno cambiando)! Altro che remake! Eppure... qualche eco si sente! Da dove vengono?

Sono partito tardi con gli abbonamenti streaming, si vede che ero troppo chino sui libri! Ma sto recuperando volentieri, perché ho trovato un sacco di roba che amo.

C’è poco da essere pre-internettiani: anche i nativi degli anni Settanta si divertono con #netflix! E oh, ok, mi direte: “Bella scoperta Zio!” Ma... vediamo se al banchetto delle piattaforme streaming si rimedia qualche briciola anche per quelli che guardavano i Bellissimi di Rete Quattro, per gli amanti dei libri e per quelli che stanno bene senza social network. (Per giorni e giorni.)

La risposta è Sì! Ve lo dice uno Zio!

DON’T LOOK UP e i suoi CUGINI LETTERARI: media e meteoriti

Mettere un asteroide killer di pianeti in secondo piano è un prodigio di scrittura, e quindi Don’t look up, che ci riesce, può essere un argomento per questo piccolo blog letterario. Mentre scrivo, però, Ĕ GIA’ IL MOMENTO DI DON’T LOOK UP e il film è PRIMO IN CLASSIFICA! Per questo, invece di ingrossare il flusso dei commenti al film, mi fermo al mio territorio - i testi, la narrativa - e sottolineo qualche legame della sua sceneggiatura con la letteratura. Vi userò la cura di non tirare fuori titoli di romanzi arci-famosi, oppure scontati, oppure alla moda, oppure sponsorizzati in tv, oppure… MI LIMITERO’ 😉 a portarvi un po’ in giro tra alcune belle pagine vicine a Don’t Look Up. Voglio fare un solo pubblico complimento al film di McKay: mi ha intrattenuto alla grande, mi ha fatto pensare ai media e alle ambizioni. E a macinare il caffè in casa, anche.

In pratica, c’è questo asteroide enorme che con fatale indifferenza viaggia verso la Terra. Benissimo (oddio, si fa per dire!), vuol dire che seguiremo la sua traiettoria fin quando i governi mondiali non decideranno sul da farsi. Chi detiene il potere, qualche dubbio su come procedere ce l’ha: la suspence ci guadagna e la trama pure. Ma guardiamo a qualche romanzo che parta con un asteroide, ok?… ecco, mi è tornato in mente un libro in cui un asteroide arriva sulla Terra e, attraversando l’atmosfera, si frantuma in tanti piccoli meteoriti che si schiantano nella campagna inglese. Anno del Signore 2004 (che credo non abbia coinciso né con l’Apocalisse né coi calcoli dei Maya). Il romanzo è Lo Strano Mondo di Alex Woods, e vi leggiamo, tra risa e commozione, cosa càpita al ragazzino che venne centrato da uno di quei meteoriti. Il suo nome è Alex, appunto, e la sua storia mi è rimasta impressa: la vita che vale di un caso sociale. Alla base c'è un fatto vero del settembre del 2004: oltre 50 avvistamenti di fireballs e qualche meteorite a terra, tra UK e Francia.

La pietra cosmica era grande come un’arancia, e lui per poco non ci lascia le penne. Sopravvivere a un impatto extra-terrestre porta ad Alex una strepitosa quanto fastidiosa notorietà. Lui odia questo. Il clamore eccezionale intorno alla sua vicenda fa comodo solo a chi lavora nella comunicazione. Alex è circondato, ma è solo. Tutti vogliono che parli. E soli sono i protagonisti di Don’t look up, Kate e il prof. Randall Mindy. Vanno nei talk show. I media li travisano. Non vogliono giocare, eppure perdono tutto. Forse è solo un cliché, ma succede anche ad Alex Woods.


C’è un parallelismo tra i personaggi: noto che in Lo Strano Mondo la ricercatrice Monica Weir è descritta come una nerd cresciuta a pane e astronomia, che non bada alla moda e alle opinioni altrui, ma è determinata a perseguire i propri obiettivi. La Monica che diventa amica di Alex Woods è imparentata con la ricercatrice punk Kate Dibiasky (J. Lawrence) della pellicola #Netflix. Kate è mansueta ma capace di contrattaccare, e non domina le emozioni. Wow!

Linguaggio Scientifico, Linguaggio Tecnico, Magnetizzare il pubblico

Sia il romanzo che il film usano termini tecnici dell’astronomia, della fisica e della chimica, e sono una sponda sicura per tutti gli ingegneri con un minimo di buongusto; usano come sfondo della trama un tema universale, di quelli che possono coinvolgere un grande pubblico (incluso il più ristretto sotto-pubblico degli ingegneri di buongusto 😉). Trama e tema si alternano sul proscenio. Durante la narrazione, si muovono in avanti verso il primo piano e poi, indietreggiando, fanno spazio ai personaggi. O meglio, alle persone.

Vediamo come? In Don’t look up c’è il tema universale del negazionismo, include anche altro ma sta cosa bisogna dirla, una parte nega l'evidenza per fede, per eccesso di fede, per speculazione, per eccesso di speculazione, e parla con questi toni: «Se i “profeti” vi dicono che una cometa cadrà sul pianeta Non Guardate In Alto, e godetevi la vita, guardate la tv e fate i vostri acquisti, Signore e Signori, rigorosamente col vostro Smartphone BASH! Sì!» APP-lausi, URLa e ulu-Like dalla platea fomentata! Il tema è universale, e attuale.

In Alex Woods ci sono la liberalizzazione della cannabis e l’ eutanasia

Per le persone, invece, nel film abbiamo un astronomo ansioso e sciatto, che fa pensare a un giovane Parisi, due donne pronte a tutto per la propria carriera ma che non mostrano alcun sentimento positivo, nessun calore umano, né il minimo barlume di empatia (il personaggio di Meryl Streep abbandona il proprio figlio, anche, se, be’, questo figlio per tutto il tempo si comporta da esemplare pezzo di merda, e se per me è il personaggio più divertente, di certo non si fa... amare?). A me è piaciuta la moglie di Mindy, che sembra una mia vicina di casa. E il pilota dello shuttle, che mi ricorda un compagno delle superiori che oggi gira con un pezzo nella fondina ed espellerebbe dall’Italia tutti i clandestini. Nel libro abbiamo la madre di ALEX, che vive leggendo i tarocchi, un anziano solitario veterano di guerra, una dark lady dal guscio duro ma col cuore tenero.

Se ancora non avete voglia di leggere Alex Woods, provo così: c’è un post qua sotto: 

BLOGHEMA: Lo strano mondo dei sottotitoli pubblicitari (bloghema-room.blogspot.com) per chi vuole sapere di più su Lo stano Mondo di Woods, e invece di dilungarmi, passerò al secondo libro che ho abbinato al film Netflix, Passaggio alle Stelle, di Vonda McIntyre.

PASSAGGIO ALLE STELLE, e comete che passano

Un romanzo d’avventura fantascientifica da una delle autrici della serie #StarTrek. Potrebbe appartenere a una rassegna intitolata “Donne al potere!”. Il primo parallelismo col film è che le donne occupano tante posizioni apicali: nel campo scientifico, nella politica (interplanetaria) e nel settore militare.

In un futuro indefinito il genere umano è alla ricerca di mondi abitabili (primo punto in comune con Don’t look up).

Ignaro dell’esistenza di una Civiltà Superiore, l’equipaggio della nave Starfarer si lancia all’inseguimento di fievoli tracce cosmiche: gli alieni le hanno seminate per condurre i terrestri in un territorio neutrale...

All’origine del viaggio della Starfarer c’è l’estinzione del genere umano, e la ricerca di una soluzione è tutta umana, gli alieni non sono presenti, sono "alieni-allusi". Se fino alla fine del film di alieni non c'è traccia, bisogna svelare che nel libro le cose sembrano andare diversamente… ma il colpo di scena arriva in tempo per rilanciare la lettura, febbrile, verso un finale originalissimo! Gli Stati Uniti di Passaggio Alle Stelle sono la prima potenza mondiale e non possiamo avere dubbi sul fatto che detengano il monopolio dei viaggi spaziali. Tuttavia il governo è incerto su cosa fare della Starfarer. Arriva a puntargli contro una testata nucleare. Se passiamo al film Netflix vediamo che l’intervento delle altre potenze mondiali concorrenti muore sul nascere, ed è spiegato in una sola battuta (quando Randall Mindy dice che la missione di India, Cina e Russia è fallita). L’esito finale è in mano ai soli Grandi Unici fantastici United States of America!

Punto in comune: i progetti sposati dal Governo americano fanno cilecca!

Cosa sono i viaggi spaziali oggi? Siamo informati su questo? Visto che una volta al mese, pandemie o no, oscillazione del petrolio o no, un miliardario parte per farsi una passeggiata in orbita su tutti noi, sentiamo che la cosa ci riguarda? 

Non mi occupo di gite interplanetarie, ma forse dovrei cominciare. La serie Star Trek ha (tra gli altri) il merito di porre il genere umano di fronte a popolazioni aliene, e allude all’apertura di nuovi percorsi tra Sistemi stellari (facendo alla svelta: Star Tracks). Anche piste commerciali. Come detto, la McIntyre ha scritto per Star Trek, e per chi ama il genere è un peccato che il suo libro non si reperisca facilmente. Dice ancora tanto! Ecco la mia copia del 1994:

un Urania inseguito da Urano?

Nel film, gli umani sembrano psicologicamente disturbati – a tratti squilibrati, dediti all’abuso di Xanax e di smartphone, propensi a fidarsi del più ricco e del più potente; per tutta la durata ti chiedi “allora, ce la caveremo? Superiamo l’esame?”. Nel libro, invece, gli Umani terrestri vengono umiliati da sadici esaminatori: gli Umani extraterrestri. Questi Umani, nostri cugini, sono pedagogici con gli Umani terrestri: ci stimolano a fare nuove scoperte, ci mostrano gli indicatori della nostra impreparazione, ci rimandano a settembre! Siamo una “cultura giovane” e questa è una interpretazione interessante, perché umile, della scrittrice americana. Lei ha inventato un personaggio apposta per rimettere gli umani al loro (nostro) posto: si chiama Andro e sembra un guerriero spartano, la cui alterigia consente battute simpatiche come questa: “dipenderà dagli esseri umani: che voi cambiate come dite di voler fare o che il cambiamento vi prenda la mano”. 

Anche il film boccia il genere umano! Ĕ evidente: i buoni finiscono male! Che altro mi serve? In Don’t look up, c’è un personaggio che si fa decisamente prendere la mano. il CEO Presidente della BASH ripone troppa fiducia nel livello di preparazione raggiunto dal genere umano. La sua stima esagerata ha conseguenze piuttosto … spettacolari (interpretato da Mark Rylance è qualcosa di incommensurabile).

 L’umano extra terrestre chiamato Andro, dagli anni 90, dalla penna della Mac Intyre, fa appello alle nostre facoltà, sembra presagire che il genio umano possa "svaccare", e andare per vie egoistiche, popolate di gente come il figlio della Presidente degli USA (quello che urla "oh no! e se diventassimo ricchi? sarebbe un disastro!", Jason Orlean) provocherà danni nettamente superiori ai "benefici". Andro (1990) ci dice che il futuro dipende da noi: SEMPRE ATTUALE! Pure Mattarella lo ha detto stasera! 

Ultima parola: tenia. Nel libro della McIntyre dopo anni trovo questo schifoso animaletto che potrebbe non essere più stato citato da alcuna autrice dopo Vonda, ma che richiama il concetto di fame senza fine; affligge i media - compresi i blog - è un inesauribile bisogno di cercare, digerire e ricreare notizie. La tenia ci impedisce di essere sazi, si mangia ciò che troviamo e ci spinge a cercare altro. Ma io credo che si debba mettere un punto sia alla fame che alla ricerca, e assimilare: vale per grassi e zuccheri ma anche per le informazioni. Se non si hanno gli anticorpi datti (cioè 5 anni di studio approfondito) le notizie che troviamo possono farci male, oppure possono esaurirci. Buon anno 2022 a tutte e tutti, e non scavate troppo: è solo fiction! (...>)

domenica 31 ottobre 2021

Don Robertson non finirà mai...

 

Libri: L'ultima stagione, Il principe della nebbia

Parole: #viaggio, #famiglia, #benevolenza

" Amberson disse: Ti amo Anne. Sì Anne, è questa l’essenza di tutto Anne. La morte non ci separerà! Niente può separare un’essenza” 

 “... il domani sono le stelle

E io non so nulla delle stelle." – dalla Post-fazione

 

Da un romanzo stupendo di Mamet mi è tornata in mente questa frase:

“ci sono luoghi dedicati a meditazioni particolari" pag 251 Chicago (Mamet, 2018), ed era perfetta per parlare di Don Robertson e della sua terra delle Storie: Paradise Falls.

Benvenuti a Paradise Falls, U.S.A.

La cittadina di Paradise Falls esiste solo tra le pagine dei libri di Don Robertson e da 4 anni è il posto dove io medito. Se penso alle altre persone, non quelle a me più vicine, ma a quasi tutte quelle che conosco e che, a causa della pandemia, non posso vedere, se penso al volersi bene e alla bellezza dei piccoli gesti (quelli che non posso ancora fare) il luogo adatto per rivolgermi a loro e meditarci su è un libro di Robertson. Un libro di quelli ambientati a Paradise Falls. Ed è qui che “succede” tutta la vita, senza limiti. Letteralmente. Viene pure in mente che le Grandi Amicizie sanno aspettare. Comunque:

 Robertson ha fatto quella che si può chiamare: LA SUMMA. Ci sono entrato: vediamo che ne esce fuori?



Ho ancora pochi libri di Robertson, ma so già che ne prenderò tanti e ci sarà una “ala Don” nella mia libreria volante, la mia “Libreria Che Non Tocca Terra”.

Paradise Falls non esiste, ma è in Ohio e l’Ohio, mi dicono, esiste. Quindi immaginiamoci un paese, un posto con poca gente parecchio bianca, molto diverso da città come Springfield o Cleveland. Grandi pianure. Grandi strade. Tutti gli incroci possibili. A Paradise Falls NO. Più BASICO, Più SEMPLICE, Più TABULA RASA: possiamo assistere alla sua fondazione: colline, boschi e il fiume Paradise. Un piccolo Eden. Robertson ci fa fare un magnifico viaggio nel tempo. A seconda del libro che scegliamo di leggere, potremo immedesimarci nella vita americana dell’Ottocento o del Novecento. Ci ho impiegato molto a leggere Robertson, e col tempo vorrei parlare di ciascun libro (perché secondo me ognuno merita tempo e spazio, e per ciascuno vorrei poter condividere una buona parte delle emozioni e delle riflessioni che mi hanno suscitato). Ho scelto di cominciare da un libro che in America è uscito nel 1974 e che non è il primo, cronologicamente parlando, a essere ambientato a Paradise Falls. Scopriremo che Paradise Falls non è solo un luogo letterario, ma molto, molto di più: è un simbolo ed è una caratteristica speciale di questo scrittore molto amato negli USA.

E tra poco molto amato anche in Italia, grazie a Nicola Manuppelli, che lo traduce.

La bellezza della normalità

 Il titolo è L’ultima stagione, in Italia dal 2017 grazie a Nutrimenti. Uno dei libri più ricchi che io abbia letto finora. I protagonisti sono Mr. Amberson e sua moglie Anne.

Nella postfazione di Nicola Manuppelli leggo che Robertson (da qui in poi: Don) raccontava la bellezza della normalità (titolo originale: Praise the Human Season).

Ed era vero. Forse non posso parlare  genericamente di Don, perché ha fatto tante cose in carriera e io ho letto 4-5 libri suoi. Ma le conversazione con colui che ha il merito di aver portato Don tra i lettori italiani, Manuppelli, mi fanno sentire nel mondo Don, con tutte le scarpe, con tutta la testa. E parla di normalità.

Non mi sarebbe stata necessaria per forza una pandemia per desiderare un po’ di storie “normali” ambientate in un altro tempo. E’ da un po’ che approfitto della lettura per ripararmi dal Presente. E’ il periodo dei libri lunghi e delle Serie TV (ri-pe-ti-ti-ve). Robertson è stato l’incontro perfetto. E’ arrivato al momento giusto.

Il libro di cui parlo oggi,  L’Ultima Stagione, l’ho letto nel 2017, mentre scrivo penso di comprare l’ultimo volume arrivato:  “La somma e il totale di questo preciso momento”

https://www.mondadoristore.it/somma-totale-questo-preciso-DON-ROBERTSON/eai978886594859/?referrer=cpaittrd211011&utm_source=tradedoubler&utm_medium=affiliation&utm_campaign=cpa&affId=3048442

 

 Il 1971 è l’anno dell’azione, e nel romanzo ci sono numerosi salti all’indietro - cadenzati con ritmo attento, e quindi piacevoli. Perfetto! Come anche un altro particolare: ci sono nugoli di personaggi – persone normali ma capaci di tutto (o forse capaci di tutto PERCHE’ normali) e tante situazioni normali piuttosto varie (dal cambiare una ruota al bisticcio con la nuora)che aiutano a sentirsi bene dentro alla novella. Ha qualcosa del Decamerone, perchè è una storia fatta di storie- ma senza la claustrofobia.

Tutti e tutte le cose sono rappresentati per la loro Bellezza naturale. Quello che si legge in postfazione è proprio vero. E ti chiedi: davvero tutta ‘sta normalità è così bella? Speciale? Lo devo proprio prendere questo libro?

Mah, io posso solo dire che quella normalità è amata, e che Don la scrive come per dirci che lui voleva bene alle persone che gli hanno ispirato personaggi e scene, e

che voleva  scrivere qualcosa di semplicemente umano.

Che quando qualcuno può essere amato diventa speciale, e a vedere i suoi personaggi TUTTI POSSONO ESSERE AMATI.  E’ l’intento che io sento nelle pagine di Don! Questo libro me lo ha rivelato per primo, poi, gli altri di Don che ho letto finora me lo hanno confermato.

Questi volumi sono Paradise Falls, in ordine cronologico


La vita finisce: viva la Vita!

Dura parlare di finitezza eh? Sì, lo so (pure per me è dura, probabilmente non mi diverto, ma mi sento bene a farlo).

L’ultima Stagione ha la finitezza in filigrana ogni pagina, ma la fa vivere anche da personaggi giovani, e più sono giovani più sono divertenti (le scene con Sherry la pazzoide sonno molto comiche). Qualcosa che da slancio per alcuni, e che è un freno per altri. E tutto si lega, ma non si spiega: "Più vivi e meno ne capisci".

Ricordo bene un passaggio in “Il Principe della Nebbia” di Ruiz Zafon su questo argomento: “la vita si divide in 3 periodi. Nel primo non si pensa nemmeno che si invecchierà […] ne che dal giorno in cui nasciamo camminiamo verso un'unica fine. Nel secondo periodo ci si rende conto della fragilità della propria esistenza, e quella che all’inizio è una semplice inquietudine va crescendo come un mare di dubbi e incertezze che ti accompagnano per il resto dei giorni. Il terzo …” sono nel secondo periodo.

Era solo un romanzetto horror, il primo passo di una carriera notevole, e, pure se rivolto ai ragazzi, faceva prendere atto della fragilità e della finitezza. Visto il successivo favore di pubblico spettato a Zafon, a maggiore ragione il tema non deve essere tabù; in questo libro di Don è molto più marcato.

[Un altro tema che ho trovato è la ricerca di un senso generale della vita, e dentro a questo un desiderio di “mettere a posto le cose”, dove le “cose” non sono l’auto dei nonni mummificata in garage o l’anta dell’armadio… E il senso generale che intendo è a la Robinson, è un senso concreto fatto di relazioni coerenti, fatto di pezzi di vita che stanno insieme tra loro (esempi: ho vissuto bene con chi amo, se amo o no veramente qualcuno, i conti con il mio lavoro danno un bilancio soddisfacente?).]

AL MOMENTO è IL MIO ROMANZO PREFERITO TRA QUELLI DEGLI ULTIMI 10 ANNI.

lunedì 27 settembre 2021

Empatia e violenza in Islanda nei Giorni del Vulcano

 Libri: I giorni del vulcano, L’angelo di neve

Parole: #islanda, #vulcano, senso di colpa, collettività, giustizia


Se come me non vi stancate mai dell’Islanda questo libro fa per voi. Da bestia.

Siamo al 20esimo mese di pandemia ma possiamo parlare anche d'altro: oggi è "in tendenza" l'elezione del parlamento islandese: il numero delle elette è quasi uguale a quello degli eletti!

In quell'isola da 300k abitanti le cose si muovono. Jònasson utilizza l'apertura di un traforo, che renderebbe accessibile un fiordo isolato e incontaminato, come base per un bel giallo. Materia e concretezza, tanto per cominciare.

Io trovo che Jònasson sia davvero un grande rappresentante dell’“essere islandesi” oggi, e questo significa stare dritti in piedi di fronte alla Natura, accettando gli imprevisti della vita e cercando di far valere l’idea in cui si crede, nonostante le condizioni avverse. I giorni del vulcano contiene dei fili rossi provenienti da L’angelo di neve – la prima parte della serie "Misteri d’Islanda" – e ci porta all’epoca dell’eruzione di Eyjafjallajökull del 2010. Col blocco dei voli di mezza Europa…

Esiste già il terzo volume e io ne ho finora solo un’infarinatura, ma sono convinto che la Serie “Misteri d’Islanda” sia stata scritta tutta di filato e pubblicata divisa, e che lo scopo fosse seguire la crescita del protagonista, Ari Þór Arason (leggiamo Ari Dor), in una data epoca e in un dato luogo. Poi l’opera nata così può essere divisa in più parti. Un'indagine = un volume. A dire il vero… ehm, potrebbe trattarsi di una tetralogia… be’: lo spero!


Yes, yes... It's me 😁 . Hjàlparfoss 2004


Che vuol dire Serie?

Finora seguire Ari Dor è interessante e sconvolgente. Che suspence! Sono stato in Islanda in una estate lontana, e questo episodio è “girato” d’estate; per me ha significato sentirlo molto più coinvolgente del primo – che recensivo qui http://bloghema-room.blogspot.com/2017/04/ragnar-jonasson-promoter-dellislanda.html.

I gialli nordici sono potenti anche senza aver visto dal vivo quel tipo di paesaggio; sono esotici in modo nuovo. Anche la violenza: è più fredda.

Il coinvolgimento si deve anche ai temi: l’appartenenza alla terra su cui nasciamo, la crisi economica, il senso di colpa e, più difficile da condividere, le reazioni di una “persona giovane” alla scoperta di essere “gravemente malata”. 

Questa serie punta a sconvolgere le aspettative del lettore; senza esagerazioni, senza pulp fiction. 

Trovo che questi libri sono pronti per una Serie Televisiva.

Violenza e senso di colpa: un'alternanza sospetta

Detto questo, annoto un aspetto che non mi è piaciuto. Occhio: il libro mi è piaciuto molto, c'è stato giusto un intoppo di lettura: alcuni elementi politicamente sensibili sono tanto equilibrati da sembrare calcolati. 

Sarà statospontaneo. Certo. Come sorridere a un bambino che ti dice “tu hai le orecchie a sventola!” il problema è che ho sentito una "stonatura", un rumore.

Mentre leggiamo sentiamo degli alert, a volte, no? Niente di grave: la lettura prosegue perché sappiamo che ci aspettano pagine di divertimento ed emozione. NON INTENZIONALMENTE la mia attenzione si è spostata sulla parità di genere, perché fare finta di non essermene accorto? Ho sentito una interruzione del flusso narrativo.

La parità tra i generi non si discute – e gli islandesi non lo discutono, mentre noi dobbiamo imparare da loro – ma, nello scorrere la lettura, le cose devono filare lisce. Se ci fosse stata una "preparazione" non avrei sentito l' alert!

Se le donne e gli uomini avessero avuto più connotati, se li avessi conosciuti di più (specialmente la giornalista Isrùn) avrei letto meglio.  

Qui troviamo la violenza sessuale e psicologica. Subire e commettere violenza in questo giallo sono due azioni equamente divise tra uomini e donne, e la forzatura che ho colto io sta in questo campo: è arrivata dura come se fosse spinta a forza, è arrivata subito dopo aver scoperto uno dei cattivi, maschio. 

Una donna commette violenza psicologica su bambini. Lo sappiamo grazie a una sola frase. Una e stop. Poco, a mio parere.

Il resto di questa analisi non lo scrivo perché il mio intento è indurvi a leggere Jònasson. Perché mi piace. Mi piace come usa il potere dell'Islanda. 

Non mi stanco di Ari Þór, sbirro-teologo

Si sta allontanando dalle sue origini, Ari Dor: la sua città, #Reykjavìk; la ragazza che amava, Kristin; la sua passione: la teologia. Dopo la crisi economica, tutta l’Islanda si è dovuta reinventare e Ari Dor incarna questo terremoto. Molto bello. Anche perché l’Islanda si sta riprendendo. Grazie al turismo e ai cantieri navali.

Cantiere navale vicino a Reykjavìk


A breve leggerò la Terza Puntata (Fuori dal mondo, Marsilio 2020 € 9.50 nell’economica a marchio #Feltrinelli) e tutte le indagini di Ari Dor. Non ho dubbi. Mi piace che la claustrofobia della prima puntata abbia lasciato lo spazio alla fotofobia che prolifera lassù quando il nostro pianeta non riesce a garantire la miseria di 8 ore di oscurità… Capricci del Sistema Solare!

Ho scritto nel 2017: “La giustizia in questo romanzo non è impossibile, ma - più concretamente - è scivolosa come un pezzo di ghiaccio. Non c’è alcun disamore verso la ricerca della verità, no.” Ritrovo questa sensazione anche qui. La giustizia scivolosa non è bella: il bello è l’intenzione di un autore di ritornare a un argomento! Far passare il lettore per altri percorsi, e mostrargli ancora quel posto lì, quella idea lì. 

La giustizia è la cosa più lontana dall’ingiustizia, ma non è perfetta, se non per qualche tempo.

Grande o piccola, è sempre collettività

La questione della giustizia non può chiudersi, per ora, e non sarà un libro a mettere a posto le cose, ma ritrovare questo tema nell’arte è molto stimolante, perché non c’è l’esperto in cattedra, ma una persona come noi, solo dotata di spiccata sensibilità, che ci dice la sua opinione. Sei stimolato a sviluppare la tua propria opinione, da riversare poi, in pace, nella collettivitàAnche un libro della collana #giallosvezia ambientato nella piccola #islanda può fare la sua parte. E pure questo testo:

BLOGHEMA: LUCE D'ESTATE ED È SUBITO ISLANDA (bloghema-room.blogspot.com)

Mi sono goduto tutto il viaggio e Jònasson ha creato lo spazio per nuovi effetti a sorpresa. Indispensabili in un giallo che si rispetti. Indispensabili in una Seconda puntata. Indispensabili per finire su questo blog.

L'altopiano nord orientale dell'Islanda, una immensa porta di luce. 2004


martedì 31 agosto 2021

IL BIMBETTO ALBERTO GIRONZOLA A TRASTEVERE

 Libri: A Roma con Alberto Sordi, A Roma con Nino Manfredi

Parole: dopoguerra, cinema, irripetibile, varietà

Persone: Albertone, Nino 

La copertina del volume su Sordi, grafica di Maurizio Ceccato
La copertina del volume su Sordi  
 

Alberto de noantri, Alberto di tutti

.... Come è, come non è, s’era fatta l’ora di andare in parrocchia, alle prove del coro. “E daje, annàmo va’” pensa il ragazzino, tirandosi su dal letto pigramente.

«A Ma’, io vado!»

«Va bene Alberto, al  ritorno passa dal fornaio, piglia il pane e... digli di segnare».

E esce, Alberto, dalla palazzina in via San Cosimato 7. S’incammina dentro a Trastevere. Deve arrivare a Santa Prisca, la chiesa dove fa il chierichetto e canta, nel coro. 

I sanpietrini sotto alle scarpette, gli occhietti che chiedono pietà al sole del mattino e il passo leggero di un bambino magro magro. Ultimo nato di quattro, e allora, capirai, "Cocco de mamma" - e cocco delle sorelle. 

La luce che lustra tutto. La strada. Gli intonaci. Roma, fine Anni Venti. 

Papà suona al Teatro dell’Opera, però, pure se in chiesa c’erano l’amichetti, a Alberto non gli sconfinferava tanto di andare a cantare, specie nel coro: regolare come un reggimento, prevedibile come il caldo d'agosto.

Lui si divertiva ad attirare l’attenzione in mezzo al gruppone dei chierichetti, e quando c’era da cantare, cantava,"E daje: cantàmo". E come no? Alberto bimbetto non perdeva occasione.

Però si divertiva di più ad agitare l’incenso. Eh sì, dai: gira gira gira, giri sempre più ampi, con quel fumo, con l’odore, le volute, le fantasticherie. Ci manca poco che parte e... PUMM!

Gli effetti speciali! No, ma dico: vuoi mettere tutto questo col coro?

Alberto ragazzino cammina e saluta: un caldarostaro di qua, un lattaio di là, il mosciarellaro, il bruscolinaro. Tira dritto, ma c’ha un sorriso pe’ ognuno. Forse perchè è uno de noantri. Forse perché quel bambino coi capelli biondi e gli occhi chiari piace un po’ a tutti.

Passa pure davanti ai teatri di Trastevere. Oltrepassandoli, gira la testa indietro. Chissà a che sta pensando.

 Alberto, datte una mossa, che c’è er coro!

Sono due chilometri di strada… lungo quella strada immaginata mi riprendo, mi desto e torno alla realtà. Un monopattino mi è appena sfrecciato affianco. Il libro A Roma con Alberto Sordi, uscito nel maggio del 2020, mi ha fatto viaggiare nel tempo e nello spazio. Tutto questo l'ho immaginato leggendo queste pagine ben cadenzate e piene, strapiene d'affetto.

Una lettura che non è "d'evasione", ne di altro genere: è Varietà

Mi sono ritrovato, poi, negli anni Trenta a Roma, a spasso per Trastevere con un ragazzetto di nome Alberto Sordi. E il merito è di Nicola Manuppelli. 

Questa estate sono andato in vacanza a Roma e ho passato un giorno in centro ripercorrendo i vicoli e le piazze raccolti in questo bel libro. Dal Teatro dell'Opera all'Aventino, da Piazza Trilussa a Via Veneto, passando per il Sistina. Però con una luce nuova. Irripetibile.

Un libro strano se si è lettori di quelli categorici, perché la categoria non c’è. Un libro sorprendente se si legge per il puro gusto della curiosità. L’ho letto soprattutto come biografia, ma a fine lettura lo avrei sistemato in un reparto ideale. Che non ho ancor visto nelle librerie, eppure avrebbe decine e decine di volumi: “Cinema & Roma”. Perché Alberto Sordi E’ il cinema italiano.

Perché Alberto Sordi E’ Roma.            (E comunque, adesso, sta nel reparto “libri di Nicola”)

E’ un atto d’amore per il cinema da parte di questo scrittore, assatanato di Roma. E’ talmente ossessionato dalla Città Eterna che temo stia studiando il modo di farsi dare la cittadinanza onoraria. Oltre ad aver pubblicato nel 2018 un romanzo ambientato a Roma, quest’anno ha sfornato: 

A Roma con Nino Manfredi 

(Giulio Perrone editore, € 15)  e quindi...

la Tera di copertina, con segnalibro da staccare
La terza di copertina del volume su Nino, col segnalibro

... C'è pure Nino!

 Bisognerà parlare anche di questa novità: l’ho letta e mi è piaciuta molto (io voglio bene a Manfredi come a un parente). Merita tanto spazio. Tutto suo. 

Sta sempre all'ombra d'altri, Nino. E mo' no eh, pe' piacere! 

Perché, vedete, escono tanti tanti libri e chi prova a starci dietro perde il filo… ed è invece buona cosa tenerlo, il filo, che ci sia qualcosa a tenere unite le nostre letture.  Escono tante tante notizie e ci sono tante tante cose da fare. Adesso c’è la Mostra del Cinema di Venezia e si parlerà di Nino Manfredi. Ecco: io salto il turnom ma alla prossima occasione scrivo qualcosa sulla gemma di Nicola, dedicata a Nino. 

Sia la lettura su Sordi che quella su Manfredi sono state proprio una bella, tranquilla pausa: direi Pausa Caffè. 

"Più lo mandi giù e più ti tira su."

A Roma con Alberto Sordi è un inizio. Un inizio col botto. Tira aria di trilogia.

Vedere Sordi con occhi nuovi

Il personaggio è arci-noto, e ci voleva una chiave di lettura nuova. Con un misto tra venerazione da fan e divulgazione da “uno che la sa’”, Manuppelli ha trovato la sua chiave, il suo punto di accesso; è riuscito a generare qualcosa di nuovo su Sordi partendo, praticamente, da casa sua. Semplice. Come? scegliendo Roma e la sua genuinità: l'Albertone nazionale non era un divo e nemmeno un santo, ma arrivava a tutti, perchè all'attore fine si univa l'osservatore bonario e indulgente della società. Il collage variegato creato da Manuppelli ce lo restituisce in una umanità che ci riconcilia con la fama e col nostro essere continuamente e gratuitamente giudici. Chi più chi meno. 

Sordi era un attore conosciuto da tutti perché faceva il varietà, e non per i David di Donatello vinti. Sapeva cosa era l'immediatezza. Ne era maestro. Gliene siamo debitori.

Questa penna porta a Roma

L’autore ha la passione del cinema e non avrebbe bisogno di mettersi a studiare per produrre della buona narrativa parlando di film. Però ha pure studiato. Ha fatto tanta ricerca per riempire e legare le fasi del libro, soprattutto perché intendeva parlare come si deve di Roma, la Città Infinita. 

La ricerca, però, non sarebbe dovuta diventare un ostacolo: c'era il rischio di far assomigliare a un saggio quello che è, in fin dei conti un encomio innamorato. Un dolce canto. O piuttosto una dichiarazione d’amore, una confessione. Fatta con la penna (si vocifera di taccuini neri zeppi di appunti). Rischio schivato alla grande! I capitoli scorrono molto più lieti del biondo Tevere. Ho detto biondo? be', proprio biondo biondo...

Attraversando la città di queste pagine, ho imparato molte cose sul cinema e sui registi della vecchia scuola. Mettere vicine letture di questo tipo moltiplica l'effetto "farsi un'idea" invece che sommare due unità. Anche il libro di Luca Manfredi su suo padre e il volume curato dalla famiglia Proietti su Gigi (Ndo cojo cojo, Rizzoli 2021) hanno contribuito al mio nuovo approccio al cinema italiano. 

Per i lettori che hanno vissuto in tempo reale le carriere dei attori laziali sarà un'iniezione di fiducia. L'italia dalla quale sono emersi versava in acque ben peggiori di quelle, drammatiche, in cui viviamo oggi noi tutti a causa della #pandemia. 

Riaprono i cinema: abbuffiamoci

Adesso riaprono i cinema: io ne sono felice e ne approfitterò, ma nel frattempo sono stato al cinema coi i libri. Perchè la lettura rende possibile anche ciò che ci è impedito.

Mi sono interessato a Vittorio De Sica e ad Eduardo De Filippo. Ho rivisto la Roma dei miei nonni.

Ho ritrovato un po’ il mio Paese attraverso le difficoltà raccontate da Sordi; ho visto i miei nonni. Un poco ho rivisto pure me stesso, ma non come sono: come vorrei essere stato.

Più testardo, più coraggioso, più bravo. Come era Alberto Sordi.

 


 

giovedì 29 luglio 2021

LUCE D'ESTATE ED È SUBITO ISLANDA

Libro: LUCE D'ESTATE ed è subito notte 
Parole: eroi (pagina 80), buio (p. 119), carne di squalo (p. 141) 
Persone: Jòn Kalman Stefànsson    
  

L'autore è pubblicato in Italia dall'unica e inimitabile casa https://iperborea.com/, 
che non sbaglia un colpo. Questo libro è stato tradotto e accudito da Silvia Cosimini. 

mercoledì 23 giugno 2021

Le Città Visibili: raccontare è far vedere

 Libro: Le Città Invisibili (Oscar Mondadori)

Parole: logogrifo, chiurlo, resoconto

Persone: Calvino e Marco Polo (ah già! ... e Pasolini)

Le Città Invisibili è un libricino. Un piccolo volume con piccoli racconti. Un’opera narrativa con due modi di raccontare: per immagini e per dialoghi. Cerco libri che divertano e “servano”, perché, insomma, il tempo per leggere è SEMPRE poco. Le Città Invisibili ha entrambe le caratteristiche.

Dovreste prenderlo in considerazione per questi motivi:

·         - diverte perchè la durata dei brani è breve e ciascuno porta lontano

·     - assomiglia a un bel piatto estivo: ha tanti ingredienti freschi, stanno bene insieme ed è leggero, anzi leggerissimo

·      - serve perchè è estate e questo, tra i #libridiviaggio , è un purosangue, alimenta la nostra curiosità. La voce narrante è un grande viaggiatore realmente esistito: Marco Polo (1254 - 1324) è una figura da tenere sempre presente. Tutti i giorni.

Sfortunatamente, nessuna delle città descritte esiste, ma il libro offre comunque qualcosa al viaggiatore: ci sono spunti per scegliere cosa cercare, di particolare, nelle innumerevoli città che si sono, finalmente, riaperte. Le città inVisitabili sono Visibili: evviva!

Sento già la “febbre da viaggio”, dopo mesi di confini “variopinti” (prevalentemente arancioni…). In questo libro il tema Viaggio è centrale, ma troveremo anche libertà e potere, amicizia ed età.  Età a confronto.



Perché consiglio questo libro:

-          In questo volumetto le parole d’altri tempi sembrano poter vivere ancora: cesti per la frutta raccolta al mattino, gorgiera, chiurlo, carovana.

-          Ho capito perché Calvino è uno scrittore molto indicato per gli studenti: è formalmente perfetto, suona sempre bene, rispetta il tempo del lettore e non te lo fa mai perdere.

-          Infine: agli adulti il libro fa bene perché oltre a stimolare la curiosità per le aree urbane, affronta il tema dell’età e dell’amicizia – compresi i rapporti tra Capi, necessariamente Severi, e Dipendenti, necessariamente Creativi.

Io credo che nessuna città al mondo sia completamente comprensibile, però trovo sempre divertente cercarci dentro queste 3 cose: un filo conduttore, un modo per farla mia e un' esperienza particolare da provare. L’ho fatto un mese fa con #Bologna, poco dopo con #Roma e nel fine-settimana con #Torino. Ero già stato in queste città altre volte, ma stavolta ho cercato qualcosa di nuovo, puntando tutto su singoli quartieri. Inoltre, le città cambiano...

(io che) "noto" vicolo di Roma, vicolo "transitorio" 
[nei pressi di via de' Coronari]
Bologna ... come Gugl Maps non l'ha mai vista

Come nasce una città invisibile? 
    Mito e realtà coesistono in Calvino. Questo rende la lettura piena di sorprese. Ci si sente accompagnati dall’autore, il quale utilizza una coppia di personaggi che si fanno compagnia, Marco Polo e Kublai Khan (1215 - 1294). Polo racconta al sovrano. Il trucco è proprio il raccontare. Il gran Khan è vecchio. Il regno è sterminato. Il Gran Kan nelle città su cui ha dominio può arrivarci solo all'energia narratrice del giovane Polo.

    Ogni città una storia, ogni storia un messaggio di Calvino per il suo pubblico, lanciato come una guida locale racconterebbe la città a un suo amico in visita, in modo affettuoso e senza gli schermi della professione. I messaggi fantastici e metaforici di questo "esperto del posto" compongono il libro: per il re del mitico reame del Catai bloccato nel suo Palazzo sono sono città invisibili. Nel corso del 2021 anche le nostre città ci sono sembrate lontane e irraggiungibili, e mi sono rivisto in Kublai.

    Consiglio il volume Oscar: ha una postfazione di #Pasolini che da’ una lettura di Le Città critica e imprevedibile Quando si legge un classico, a volte una chiave interpretativa coraggiosa è una sana scrollata che tira via la polvere. 

        L’attualità del libro: noi, oggi, ci spingiamo verso i limiti della conoscenza, e quando si sta vicini al limite bisogna fare attenzione. Mi torna in mente La Sindrome di Teodora di Letizia Bricchi (cioè il post precedente).

    Il testo di Pasolini è ricco e ironico. Sto fingendo di averlo capito perfettamente (in realtà è stato scivoloso, una specie di formula magica che letta da me non funzionava), ma sono sicuro sia utile per inquadrare Calvino. Mi ha dato modo di capire perché preferisco Calvino a Pasolini. Pasolini, per dirne una, ha un linguaggio che non mi porterei mai in vacanza: divaga di qua e di là ed è molto forbito. Me lo leggerei volentieri in inverno. Calvino è da vacanza.

Anche il Polo di questo libro divaga molto. 

    Khan si lamenta, con poche, taglienti parole, per la sua mancanza di concretezza: non riceve ciò per cui paga! Eppure, consente che il suddito divaghi. Perché?

    Forse l’autore vuol dirci che pure un ricco sovrano trae beneficio dal carico di desideri che il semplice mercante spaccia per resoconto di viaggio. Non rende conto, ma racconta.

    Quel sovrano siamo noi lettori, e Polo è ogni scrittore. Di mercanti e di scrittori il mondo è pieno. Per fortuna.

Il Khan sa che le parole del mercante veneziano sono un atto di premura verso di lui. C’è un desiderio di dialogo, pur con la distanza in mezzo. Siamo noi all’epoca della pandemia! 

E’ un libro pieno di tentativi di comunicazione; come tra moglie e marito, o come tra amici lontani per Decreto o per DPCM, a volte i discorsi funzionano e altre volte generano muri di #incomunicabilità . I buoni dialoghi riescono quando si fa pratica: ascolto + discorso, ascolto + risposta, e così via.

Per tutti i momenti in cui desìderi uscire ma non puoi, SAPPI: con i libri di Calvino puoi abitare il desiderio. Rimanendo seduto nella realtà che “non vuoi”; se non puoi godere il desiderio stesso, preciso, puoi andare con la mente al Tuo Desiderio. Io penso che Calvino aiuti a farlo.

Poi un giorno, gli ostacoli che ti fermano, giusti, sbagliati o semplicemente incomprensibili, verranno rimossi. A quel punto chiuderai volentieri i libri, cliccherai su “esci”, premerai OFF e, finalmente, uscirai.

Ricorda solo, prima, 

di toglierti il pigiama.

su certi muri di Torino, giugno 2021
Su certi muri di Torino, giugno 2021, cercando il filo rosso. Corso Regina Margherita 140, per il progetto "TOward 2030". James Dean è appoggiato su un muro di via Barbaroux,
così come l'opera, transitoria, anch'essa, di SPAM (all'altezza di via San Francesco)



giovedì 10 giugno 2021

Da Astronauta a Cavaliere : la vita avventurosa del professor Balzani

Libri: La sindrome di Teodora, Le città invisibili, Energia per l'astronave Terra

  Parole: #energierinnovabili, #covid, #ingegneria, #chimica, #climatechange, #fotovoltaico, #resilienza

Persone: Vincenzo Balzani, Letizia Bricchi | Facebook

Vincenzo Balzani per me era semplicemente un grande divulgatore, capace di spiegare l'energia e gli intrecci ecologici nel mondo globalizzato a un pubblico vasto. E invece sbagliavo! Upgrade a Super divulgatore! E oggi pure Cavaliere! Negli miei anni da libraio, prima che Greta Thunberg rendesse la faccenda più chiara a tutti, a chi chiedeva da dove cominciare per capire il tema dell'Ambiente consigliavo sempre lo stesso libricino (270 pagine di piccolo formato) che Balzani aveva co-creato con un collega. Col tempo ho scoperto che in tutta Italia quel libro aveva riscosso un ottimo successo.

Balzani e Nicola Armaroli firmarono quel volumetto da 14 euro che oggi è bestseller, Energia per l'astronave Terra, e rappresenta un riferimento per temi che oggi interessano sono caldi e domani saranno bollenti. Offriva - e offre (oggi in nuova edizione Zanichelli) una chiave di lettura lineare (ma niente affatto noiosa o da "cattedra") sugli scenari energetici.

Nel 2016 gli dedicai al libro un post. Nel 2021 uno dei suoi due autori è Cavaliere di Gran Croce della Repubblica: direi che la gavetta l'ha fatta tutta... ;) 

Come sapete, pubblico pochi post - mmh mmh - e sono quindi molto contento che uno di quei pochi abbia avuto a che fare con un autore che da oggi sarà meritatamente ancora più popolare di prima. Anche perché, ammettiamolo, l'ego da libraio brama sempre di riconoscere un buon libro prima che SPACCHI sul mercato! 

Prima che dilaghi nelle case e nelle scuole! Che scali la classifica del Corriere della sera! Che Chiara Ferraghni si faccia un selfie con la copertina! 

Oggi, che non lavoro più in una libreria, continuo a consigliare questo libro: 



Come nel 2016,
anche oggi cerco di seguire in qualche modo il dibattito sull'Ambiente. 
Be', la ricerca è veramente caotica! 
Mi dispiace dirlo, risultare così "vecchio", ma su internet c'è troppo.

 

Tra Greta, la pandemia e il PNRR gli articoli sul tema sono aumentati in modo esponenziale. Io credo che non vada perseguito un "sapere" generico in modo casuale: preferisco un piccolo bagaglio di conoscenza dal quale trarre poi, se del caso, le nostre proprie conclusioni - possibilmente volando bassi e con una piccola zavorra di modestia (a meno che non si possieda qualche titolo. Tipo Cavaliere di Gran Croce per meriti scientifici, ecco, se no è meglio non intasare i social).
Cerco sempre dei libri chiari e semplici scritti da chi ha dedicato ANNI al tema. Poche settimane fa mi hanno parlato di un'altro libro sull'ecologia, e qualcosa di quel suggerimento aveva attirato la mia attenzione: il titolo evocava un altro libro, uno di quei saggi letti tanto tempo fa, bello eh! un libro forte ma che... non ricordavo assolutamente quale fosse. Prima di perdere le ultime residue facoltà mentali feci qualche ricerca a partire dal saggio che mi avevano suggerito, che era

 La Sindrome di Teodora, di Letizia Bricchi 

 http://www.libreriaromagnosi.it/ricerca.asp , e il collegamento era con Le Città Invisibili di Calvino. Eeeh niente: non mi veniva!

https://www.mondadoristore.it/Le-citta-invisibili-Italo-Calvino/eai978880466802/ 

Quello scritto dalla Bricchi, autrice all'esordio, è un agile compendio divulgativo sulla crisi climatica. Un viaggio di cento pagine che chiama il lettore ad azioni “clima-positive”. 

La Teodora del titolo è proprio una delle Città Invisibili che rivive, quasi 50 anni dopo, con più energia che mai: nel repertorio di luoghi e situazioni che è Le Città Invisibili di Calvino, Teodora è sfruttata dallo scrittore per avvisare il genere umano di non eliminare gli animali solo perché fastidiosi o non necessari. Gli uomini e le donne di Teodora, infatti, vogliono debellare le altre specie animali, perché le ritengono INCONCILIABILI con la propria società. Le specie vengono sgominate una a una dagli umani, che effondono in questo progetto apparentemente civilizzatore un’energia enorme. Non lesinano risorse. Restano solo gli umani. Per Bricchi, Teodora è il pianeta Terra. Gli abitanti di Teodora credono di aver imposto un discreto ordine, aah, finalmente, e di aver domato tutte le bestiacce pungenti e brulicanti e puzzolenti e svolazzanti, che fastidio mamma mia! 

Si credono liberi da ogni vincolo. Metropolitani perfetti.

Scopriranno che non è così. Illudersi di essere i padroni della Creazione non lascia scampo.



E' la stessa conclusione a cui sono arrivato io leggendo La Sindrome di Teodora. Più vasta della nostra conoscenza è, e sarà per sempre, la Natura. La quale, immagino, ci sopravvivrà. E la Perfezione, se c’è, dura poco.

Il libro, che vi consiglio, riunisce anche tantissime risposte positive, appoggiandosi sulla Laudato Sì’ di #PapaFrancesco del 2015, e su fonti scientifiche, indicate a pie’ di pagina, facili da riscontrare. Come si addice a un saggio. Fonti che ho verificato, con tutta calma.

... ovviamente su internet 😁