domenica 31 ottobre 2021

Don Robertson non finirà mai...

 

Libri: L'ultima stagione, Il principe della nebbia

Parole: #viaggio, #famiglia, #benevolenza

" Amberson disse: Ti amo Anne. Sì Anne, è questa l’essenza di tutto Anne. La morte non ci separerà! Niente può separare un’essenza” 

 “... il domani sono le stelle

E io non so nulla delle stelle." – dalla Post-fazione

 

Da un romanzo stupendo di Mamet mi è tornata in mente questa frase:

“ci sono luoghi dedicati a meditazioni particolari" pag 251 Chicago (Mamet, 2018), ed era perfetta per parlare di Don Robertson e della sua terra delle Storie: Paradise Falls.

Benvenuti a Paradise Falls, U.S.A.

La cittadina di Paradise Falls esiste solo tra le pagine dei libri di Don Robertson e da 4 anni è il posto dove io medito. Se penso alle altre persone, non quelle a me più vicine, ma a quasi tutte quelle che conosco e che, a causa della pandemia, non posso vedere, se penso al volersi bene e alla bellezza dei piccoli gesti (quelli che non posso ancora fare) il luogo adatto per rivolgermi a loro e meditarci su è un libro di Robertson. Un libro di quelli ambientati a Paradise Falls. Ed è qui che “succede” tutta la vita, senza limiti. Letteralmente. Viene pure in mente che le Grandi Amicizie sanno aspettare. Comunque:

 Robertson ha fatto quella che si può chiamare: LA SUMMA. Ci sono entrato: vediamo che ne esce fuori?



Ho ancora pochi libri di Robertson, ma so già che ne prenderò tanti e ci sarà una “ala Don” nella mia libreria volante, la mia “Libreria Che Non Tocca Terra”.

Paradise Falls non esiste, ma è in Ohio e l’Ohio, mi dicono, esiste. Quindi immaginiamoci un paese, un posto con poca gente parecchio bianca, molto diverso da città come Springfield o Cleveland. Grandi pianure. Grandi strade. Tutti gli incroci possibili. A Paradise Falls NO. Più BASICO, Più SEMPLICE, Più TABULA RASA: possiamo assistere alla sua fondazione: colline, boschi e il fiume Paradise. Un piccolo Eden. Robertson ci fa fare un magnifico viaggio nel tempo. A seconda del libro che scegliamo di leggere, potremo immedesimarci nella vita americana dell’Ottocento o del Novecento. Ci ho impiegato molto a leggere Robertson, e col tempo vorrei parlare di ciascun libro (perché secondo me ognuno merita tempo e spazio, e per ciascuno vorrei poter condividere una buona parte delle emozioni e delle riflessioni che mi hanno suscitato). Ho scelto di cominciare da un libro che in America è uscito nel 1974 e che non è il primo, cronologicamente parlando, a essere ambientato a Paradise Falls. Scopriremo che Paradise Falls non è solo un luogo letterario, ma molto, molto di più: è un simbolo ed è una caratteristica speciale di questo scrittore molto amato negli USA.

E tra poco molto amato anche in Italia, grazie a Nicola Manuppelli, che lo traduce.

La bellezza della normalità

 Il titolo è L’ultima stagione, in Italia dal 2017 grazie a Nutrimenti. Uno dei libri più ricchi che io abbia letto finora. I protagonisti sono Mr. Amberson e sua moglie Anne.

Nella postfazione di Nicola Manuppelli leggo che Robertson (da qui in poi: Don) raccontava la bellezza della normalità (titolo originale: Praise the Human Season).

Ed era vero. Forse non posso parlare  genericamente di Don, perché ha fatto tante cose in carriera e io ho letto 4-5 libri suoi. Ma le conversazione con colui che ha il merito di aver portato Don tra i lettori italiani, Manuppelli, mi fanno sentire nel mondo Don, con tutte le scarpe, con tutta la testa. E parla di normalità.

Non mi sarebbe stata necessaria per forza una pandemia per desiderare un po’ di storie “normali” ambientate in un altro tempo. E’ da un po’ che approfitto della lettura per ripararmi dal Presente. E’ il periodo dei libri lunghi e delle Serie TV (ri-pe-ti-ti-ve). Robertson è stato l’incontro perfetto. E’ arrivato al momento giusto.

Il libro di cui parlo oggi,  L’Ultima Stagione, l’ho letto nel 2017, mentre scrivo penso di comprare l’ultimo volume arrivato:  “La somma e il totale di questo preciso momento”

https://www.mondadoristore.it/somma-totale-questo-preciso-DON-ROBERTSON/eai978886594859/?referrer=cpaittrd211011&utm_source=tradedoubler&utm_medium=affiliation&utm_campaign=cpa&affId=3048442

 

 Il 1971 è l’anno dell’azione, e nel romanzo ci sono numerosi salti all’indietro - cadenzati con ritmo attento, e quindi piacevoli. Perfetto! Come anche un altro particolare: ci sono nugoli di personaggi – persone normali ma capaci di tutto (o forse capaci di tutto PERCHE’ normali) e tante situazioni normali piuttosto varie (dal cambiare una ruota al bisticcio con la nuora)che aiutano a sentirsi bene dentro alla novella. Ha qualcosa del Decamerone, perchè è una storia fatta di storie- ma senza la claustrofobia.

Tutti e tutte le cose sono rappresentati per la loro Bellezza naturale. Quello che si legge in postfazione è proprio vero. E ti chiedi: davvero tutta ‘sta normalità è così bella? Speciale? Lo devo proprio prendere questo libro?

Mah, io posso solo dire che quella normalità è amata, e che Don la scrive come per dirci che lui voleva bene alle persone che gli hanno ispirato personaggi e scene, e

che voleva  scrivere qualcosa di semplicemente umano.

Che quando qualcuno può essere amato diventa speciale, e a vedere i suoi personaggi TUTTI POSSONO ESSERE AMATI.  E’ l’intento che io sento nelle pagine di Don! Questo libro me lo ha rivelato per primo, poi, gli altri di Don che ho letto finora me lo hanno confermato.

Questi volumi sono Paradise Falls, in ordine cronologico


La vita finisce: viva la Vita!

Dura parlare di finitezza eh? Sì, lo so (pure per me è dura, probabilmente non mi diverto, ma mi sento bene a farlo).

L’ultima Stagione ha la finitezza in filigrana ogni pagina, ma la fa vivere anche da personaggi giovani, e più sono giovani più sono divertenti (le scene con Sherry la pazzoide sonno molto comiche). Qualcosa che da slancio per alcuni, e che è un freno per altri. E tutto si lega, ma non si spiega: "Più vivi e meno ne capisci".

Ricordo bene un passaggio in “Il Principe della Nebbia” di Ruiz Zafon su questo argomento: “la vita si divide in 3 periodi. Nel primo non si pensa nemmeno che si invecchierà […] ne che dal giorno in cui nasciamo camminiamo verso un'unica fine. Nel secondo periodo ci si rende conto della fragilità della propria esistenza, e quella che all’inizio è una semplice inquietudine va crescendo come un mare di dubbi e incertezze che ti accompagnano per il resto dei giorni. Il terzo …” sono nel secondo periodo.

Era solo un romanzetto horror, il primo passo di una carriera notevole, e, pure se rivolto ai ragazzi, faceva prendere atto della fragilità e della finitezza. Visto il successivo favore di pubblico spettato a Zafon, a maggiore ragione il tema non deve essere tabù; in questo libro di Don è molto più marcato.

[Un altro tema che ho trovato è la ricerca di un senso generale della vita, e dentro a questo un desiderio di “mettere a posto le cose”, dove le “cose” non sono l’auto dei nonni mummificata in garage o l’anta dell’armadio… E il senso generale che intendo è a la Robinson, è un senso concreto fatto di relazioni coerenti, fatto di pezzi di vita che stanno insieme tra loro (esempi: ho vissuto bene con chi amo, se amo o no veramente qualcuno, i conti con il mio lavoro danno un bilancio soddisfacente?).]

AL MOMENTO è IL MIO ROMANZO PREFERITO TRA QUELLI DEGLI ULTIMI 10 ANNI.