sabato 29 febbraio 2020

Ricorso alla lettura al tempo del coronavirus


Libri: Cecità - Merenda da Hadelman
Parole: famiglia - prefica - paziente uno - giallo - coronavirus

Ho cambiato lavoro da un mese. Facevo il libraio. Ho rimesso ordine nel mio tempo. Un cambiamento già importante - perchè è arrivato dopo tanti anni in libreria, ormai facevo parte del mobilio - al quale si sono aggiunte altre novità, queste temporanee, per via del coronavirus. In effetti, la vita filava fin troppo liscia!
 Vivo a poca distanza da Codogno, un posto che ho sempre visto come "il paese della Lombardia più vicino" e che ora mi scappa di chiamare "focolaio". L'argomento del virus è vivido e lo sento vicino. Scrivo pensando a chi è in quarantena e a chi, in varie forme, ha visto cambiare la propria vita in funzione di un certo isolamento. Penso che tutte queste novità scomode siano temporanee, e credo che la lettura sia uno strumento formidabile per affrontarle, in attesa di uscirne. Dobbiamo uscirne e ne usciremo. Ho sentito di amici che lavorano da casa, di amiche che per scelta tengono spento il televisore e anche di conoscenti costretti in quarantena. Se ancora non avete buttato lo smartphone nel cesso, spero che questa paginetta vi dia lo spunto giusto per leggere roba che vi piaccia. Vi parlerò di due libri azzeccatissimi per chi vive in tempi di coronavirus.

Una specie di lampo nella testa mi ha fatto pensare a Cecità di Saramago, letto qualche tempo fa. C'era qualcosa di magnetico in quel libro. Cos'era? Proprio non mi veniva! Prendendo atto della pessima condizione dei miei neuroni ho preso il libro e l'ho sfogliato. Ho dovuto rileggerlo dall'inizio. Ho avuto un po' di febbre, perciò il tempo di leggere non mi mancava. Per fortuna la risposta era nelle prime pagine: quello che richiamava la mia memoria era un dettaglio portentoso. Cecità racconta la vicenda di una città in cui un #virus faceva perdere la vista rapidamente a tutta la popolazione, senza potersi difendere. Il contagio è facilissimo e fulmineo. Città e persone restano senza nome il che rende inevitabile e potentissima l'immedesimazione!
Il Paziente uno della cecità ha 38 anni: la stessa età del paziente uno del coronavirus in italia. Questa è la parolina, "trentotto" che mi ha attirato a sè. Se questa cosa non vi lascia indifferenti, procuratevi il libro (referenze in fondo al post): ci troverete altre somiglianze. Alla fine l'ho riletto tutto. 
E di corsa!
Raccontami com'è andata, cosa hai sentito, quando, dove, no, non ancora, aspetta, la prima cosa da fare è parlare con una specialista
Non cessava di domandarsi com'era possibile che una disgrazia così grande gli stesse capitando, proprio a lui. A me, perchè? (p.20)
A un certo punto i malati vengono raggruppati dalle Autorità, e devono imparare a convivere - senza vederci. Lì inizia la costruzione magistrale del libro, con dei giochi delle parti talmente ben architettati che è un piacere pensare che esista qualcuno capace di una simile impalcatura. Sembra di sentire Saramago suggerirci di restare umani quando "il medico" dice: 


In un'epidemia non ci sono colpevoli, ci sono soltanto vittime

Una lettura veloce e scioccante, con un linguaggio in prevalenza collinare, dal quale ho imparato il termine prefica. Sorprendente! La trama ha un giusto dosaggio di "aree di sosta". Se vuoi fare un bel romanzo sulla compassione e sull'utilità della collaborazione devi necessariamente mettere in mostra una quantità massiccia di cinismo e di brutalità. Su questo genere di vizi umani si coagulano le forze di reazione tipiche del nostro "lato chiaro". La brutalità di certe scene - io ho fatto fatica e metto in guardia le signore, perchè qui alle donne capita ogni male - è cruda. I cattivi sono disumani, sono indifferenti ai propri simili, cercano un vantaggio immediato senza pensare al futuro, non cercano luce e si approfittano del disastro. Tutto questo però non deve etichettare Cecità come un'opera pessimista. La coesione e la compassione sono meno scioccanti ma, visto l'epilogo, più forti del male. Cecità fa riflettere chi vive l'epoca del coronavirus sull'indifferenza. Questa parola è già stata associata a Saramago; io ci voglio aggiungere altruismo. L'altruismo di una donna, la guida di tutti, ancestrale e reale, mitica e concreta, capace di sopportare di tutto, capace di generare le soluzioni, pur apparendo sotto una luce riflessa, infatti, per tutto il romanzo, il suo nome è "La moglie del medico"...

 Vi voglio parlare anche di un libro più leggero e molto utile per questi giorni a rischio noia e overdose da telegiornali. Merenda da Hadelman è capace sia di intrattenere che di porre un paio di domande: una sulla solitudine e l'altra sulla felicità.
Rispetto a Cecità non ha controndicazioni e in più è italiano.

Spero che non trascuriate le potenzialità della lettura in questo momento in cui all'informazione dovete affiancare una meritata evasione. Contro il tedio da quarantena Nicola Manuppelli è un ottimo antidoto: nei suoi romanzi succede sempre tanta roba. Di questo libro del 2016, zitto zitto, in libreria ne abbiamo vendute oltre 50 copie. Merito del linguaggio montuoso, della galleria di personaggi e anche dell'ambientazione: una Milano reale che tira e che respira, mangia e ha il mal di pancia, che contiene tutto , che eccede e che... sembra vera. Però più di tutto c'è quella faccenda della famiglia. Il buon vecchio Hadelman si ritrova a gestire un bar-caffetteria nel Quartiere. Ormai è un ex poliziotto, con evidenti problemi di depressione. Si crea una famiglia senza legami di sangue. Ciascuno ha un bisogno e un dono. C'è una luce da seguire... La felicità, ancora. Ma la felicità costa, mentre pure la solitudine ha il suo fascino (p. 26)!

Stanco della vita del Distretto, pensa solo a lasciare Milano e sparire il più lontano possibile. Per farlo gli servono soldi. Così, finisce per accettare la proposta di un amico ex-galeotto, da lui stesso più volte sbattuto in galera, uno dei pesci piccoli del Quartiere: Bilco. 
Hadelman deve solo avviare il locale per conto di un amico comune, che si trova in carcere e che pare si sia fatto acchiappare di proposito, un boss all'antica e dal cuore tenero di nome Vilaro.
N. Manuppelli sulla quarta di "Hadelman"
L'ultimo personaggio a cui vi accenno è il mio preferito: si chiama Chan, è #cinese e fa ufficialmente il cameriere. Di notte si trasforma nell'assistente funambolo di Bilco per lavoretti di ogni tipo. Mi piace perchè è di poche parole (un vero cinese in italia) ma è un'alleato fidato e un vero eroe. Oltre al fatto di farmi ridere quando canta e balla il rock americano nelle notti meneghine. Al tempo della diffidenza comprensibile ma un po' ignorante, ricordiamoci quali sono i pericoli veri delle società come le nostre, già composte di tanti colori diversi.

La brigata di personaggi collabora fino all'ultima pagina per opporsi alle sovrastanti forze del male, in questo caso la Malavita con la M maiuscola, e cerca di ricompattarsi oltre ogni colpo di scena, per arrivare - e questo è il regalo di Manuppelli - a un finale giusto e consolante. Lasciandoci una bella trama e, soprattutto un "Decalogo della Felicità" che il vecchio Hadelman fa in tempo a compilare prima che sia troppo tardi. 

E' questo il "film" su carta che io vorrei fosse ben augurante per tutti noi, che attraversiamo il confuso e sospettoso clima dell'Italia al tempo del #coronavirus. 
A presto con qualcosa di nuovo sulla narrativa nordamericana e, spero, su David Foster Wallace.

schede dei libri di questo post:
https://www.lafeltrinelli.it/libri/jose-saramago/cecita/9788807881572 € 10
https://www.aliberticompagniaeditoriale.it/libro/9788893231145 € 16.90