martedì 30 settembre 2025

Il pendolare di Larsson e altri attracchi



Parole: filosofia, estratto, coincidenza

Libri: Filosofia minima del pendolare.


Scrivere un libro sul pendolarismo non è possibile. Il tema è noioso, sconveniente.

Quindi l'ultimo libro di Björn Larsson parrebbe un libro impossibile. Pendolare dal punto A al punto B è colmare una distanza tra i tuoi due mondi, tra casa e bottega, un trasferimento necessario e ripetitivo. Quello del pendolare non è un viaggio variegato, aperto e trasformatore, perché dopo due settimane hai visto tutto.

Quello del pendolare è IL PEGGIORE DEI VIAGGI. Sì, è una buona sintesi.

Un cellulare, delle cuffie. Apri un libro, più raramente. Arrivi alla tua fermata e giù, di solito senza salutare. Chi s’è visto s’è visto (anzi: no!). 

Il pendolare va a lavorare: che gliene importa di chi è nel suo convoglio? 

Niente. Ma se … l’artista rompe la monotonia, ha l’intuizione: ogni individuo può prendere il proprio pendolare con filosofia!

Allora: Se cogli i dettagli del veicolo, se stai attento, se riconosci nei “compagni di vettura” degli individui, allora qualcosa cambia. Anche nel viaggio del pendolare, a ben guardare, c’è tanto da imparare. 

Larsson crede che tutti abbiano una storia da raccontare. Inoltre gli osservatori capaci, esperti - come lui - sanno trarre frammenti di storie anche da chi non le storie non le racconta! Poi occorrono:

- una sensibilità speciale e

- il talento di raccontare per dare una bella forma al significato.


Come un tema noioso diventa istruttivo

Simpatia per il genere umano, talento, voglia di raccontare e ecco, allora, forse, 

un libro bello sul pendolarismo non è più impossibile.

I voli low cost hanno democratizzato i viaggi. Il paradosso è che le stesse destinazioni che fino a 10 anni fa erano SEMPRE mete di un “viaggio trasformatore” oggi sono mete di “viaggiatori osservatòri”, cioè di persone che viaggiano e che osservano, fotografano, postano, ma tornano a casa esattamente come erano prima.

Un buon viaggio, dovrebbe cambiarci. Il bello del libro di Larsson è che esalta il viaggiatore che “osserva”, ma proprio perché ravviva viaggi monotoni, quotidiani e potenzialmente noiosi fino alla depressione. In essi solo la scintilla umana può illuminare le circostanze – non certo divertenti – di chi “va a lavoro”. In uno spot: La tua vita di pendolare Può MIGLIORARE!

Ho avuto fortuna a cogliere, in radio, la voce di Larsson che parlava di questo libro. Poco dopo aver staccato. Era una breve intervista. Ero sulla via Emilia. Ovviamente viaggiavo dal luogo di lavoro a casa mentre si parlava di pendolare: coincidenza. Ero in auto, avevo il mio spazio. Piccolo, ma non troppo piccolo. Le mie comodità. Poche, ma non così poche. Lui diceva che negli anni da pendolare (quaranta anni) prendeva appunti, per curiosità, perché troppe scene esilaranti si svolgevano davanti a lui, che era pur sempre uno scrittore; e le perdeva. Solo a un certo punto ha sentito che quegli appunti reclamavano che il proprio senso venisse estratto.

Dopo la radio, ho incontrato Larsson due volte: a Piacenza per il festival del Pensare contemporaneo e a Roma, per il festival della Letteratura di viaggio.

Filosofia minima del pendolare è effettivamente un estratto. Un grande viaggiatore, Larsson, che ha dovuto anche pendolare, per motivi di lavoro – ma non solo. Cosciente della vastità del tema del viaggio, ha sottolineato quanto potenziale ci sia nel banale pendolare se si da valore ai dettagli. Quei dettagli annotati non erano pezzi sparsi. Non esattamente. Ha detto quella cosa dei tre … punti tra parentesi, sia alla radio che ai festival, ed era la chiave del libro, il motivo per scriverlo e per leggerlo.


(…)

I mondi interiori delle persone che viaggiano, in treno, in bus, in aereo, persone che stanno al loro posto, prenotato, numerato. Che hanno storie. E una profondità, per ognuno diversa, alla quale lo scrittore può dedicare attenzione. L’attenzione che Larsson ha dedicato a questi piccoli mondi gli ha consentito di unire qualche puntino, e tracciare degli schizzi di come siam fatti noi: i comuni mortali. Il libro, spiega l’autore, si rivelava: vivendo in un certo modo il pendolarismo, si coglie una grande opportunità per capire non la singola persona, ma i grandi gruppi di persone, della nostra parte di pianeta (nel caso di Larsson, l’Europa).

L’osservatore che scrive il libro (che Larsson battezza come "il testimone") si pente spesso di aver tenuto atteggiamenti solitari, pur senza soffrirne.

Lo scrittore Bjorn ha una buona disposizione d’animo verso l’ignoto.

La voce narrante il testimone di Filosofia minima non è un solitario.

Il testimone ci spiega l'aspetto solitario del pendolare, qualcosa che va oltre il carattere delle persone. C’è una costante del modo di viaggiare tra il luogo in cui si vive e quello in cui si lavora: la possibilità di isolarsi appena saliti sul mezzo di trasporto pubblico, nel punto A. Si sta per conto proprio fino al punto di arrivo, il punto B. Spegnendo parte di sé stessi, col pilota automatico, evitando di mettersi in gioco, al punto che i pendolari tra loro non si guardano in faccia. Se lo fanno, lo fanno secondo un codice non scritto. Quel viaggio consente un isolamento dalla realtà che ci circonda, da tutto. Larsson ci avverte: non isoliamoci dalle persone che usano il nostro stesso mezzo di trasporto.

Treno, aereo, autobus. Le vetture sono progettate in modo che a vedersi bene siano le pubblicità piuttosto che le persone, specialmente sulle metropolitane e nei bus, dove si creano piste di atterraggio per sguardi che altrimenti sembrerebbero indiscreti e capaci di scatenare perfino una rissa, vista la permalosità crescente. È comprensibile, niente di male. Ma quel vuoto pneumatico può essere più umano, quei punti (…) si possono trasformare in un frammento di umanità. Nulla lo vieta. Il libro ci apre a una possibilità in più. Grandioso.


Larsson al firmacopie, col premio Navicella d'Oro

La persona fuori dalle righe

Il tour italiano della Filosofia del Pendolare finisce a Roma con il premio Navicella d’Oro. Sono lieto di aver potuto vedere Larsson ricevere il riconoscimento: è un grande interprete della nostra epoca, è opportuno che le persone conoscano sia il suo approccio alla vita che le sue pagine ironiche e asciutte. Il premio ci sta tutto. Era giunto il momento del firma-copie, mi sono messo in coda. Gli ho chiesto se c’è un altro libro in preparazione: “Sì” e poi “forse”.

Al di fuori del libro – che vi accenna discretamente – Larsson parla del pendolarismo per amore. Si sente che L’Uomo del Nord sta venendo incontro al suo pubblico italiano. Ci ha dato confidenza, sia all’incontro di Piacenza che in quello di Roma. Dunque: altero, ma fino a un certo punto, e abbastanza caloroso da amare il Mar Adriatico quanto lo stretto di Øresund. Non sono lontani i tempi in cui io stesso pendolavo per amore. Glielo ho detto e lui mi fa: «perché no? E’ un pendolarismo conveniente».



Bjorn e le cover Iperborea
al Festival della Letteratura di Viaggio


domenica 23 febbraio 2025

Il sergente in Russia. Rigoni Stern contro la follia

 Libro: il Sergente nella neve

Parole: giberna, coraggio, ritirata



Il libro di oggi riunisce due generi di letture che frequento. Uno dei generi è il libro sulla natura, l’altro genere è la biografia ambientata in precisi eventi storici.
Si tratta di Il sergente nella neve, il sergente è Mario Rigoni Stern, ed è un racconto biografico di un soldato di 22 anni, divenuto scrittore dopo la pubblicazione di questa opera, che è un qualcosa ben al di là del resoconto, del diario e anche dell’autobiografia. Questo è da notare perché in molti hanno sentito nominare Rigoni Stern ma pochi sanno che lui è diventato scrittore solo inseguito alla pubblicazione di questo libro e che per quanto lo riguardava, poteva benissimo continuare a lavorare nel commercio tra altipiano e valli, come faceva la famiglia Rigoni da generazioni (“Stern” è un soprannome in lingua locale, che poi la famiglia ha “integrato”).
Il sergente nella neve è un’opera d’arte, per me, in ragione del linguaggio misurato, della struttura e di alcune scelte fatte dall’autore. Ha una lunghezza di 115 pagine. Lunghezza militaresca.


La vicenda si sviluppa in Russia in pochi mesi tra il 1942 e il 1943. Inverno, questa stagione. Rigoni Stern era allora sergente maggiore degli alpini, e la sua squadra è la protagonista della storia. I nomi dei luoghi in questo post sono italianizzati per facilitare la lettura.
Il libro ha due parti: la prima parte narra la vita di un avamposto italo-tedesco sulle rive del Don, a Ukransca Builova, con uno svolgimento calmo che rende l’idea della vita in trincea, piena di nostalgia, e stupisce per la resistenza e per la reazione ognuno di quei giovani vitali in un luogo ostile alla vita, alla suspence.
La seconda parte è pura trance, si sta dentro alla battaglia di Nicolaevca, paese che ora è all’interno di Livenka. Qui si racconta con dettagli (anche crudi) l’episodio che vi ho detto ma anche la famosa ritirata, dei soldati italiani e di qualche tedesco, la ritirata dei miei nonni, delle persone nate negli anni 20; era il momento in cui si invertono le sorti della Seconda Guerra Mondiale in Europa. Un preciso evento storico.
L’autore parla con frequenza del paesaggio – non era un gran che.
Rievoca come in uno specchio deformato i paesaggi dei luoghi natii: era di Asiago. Lui si trova in piena pianura , innevata, vento gelido, ma ricorda le montagne, i contadini, i prati verdi, e sogna la fidanzata, le feste. Lo stesso fanno i suoi compagni. Nelle zone a ovest del Don in cui ci porta il libro già a novembre il termometro va anche al di sotto di -20°C. 


La pianura favorisce l’accelerazione del vento, e con i mezzi tecnici del 1942 era dura resistere, il freddo picchiava le truppe, rovinava il cibo e sabotava le perfino bombe arrivate dall’Italia.
Io sono rimasto molto colpito perché normalmente mi lamento del tempo che c’è qui, della mia vita di lavoratore, o da cittadino, libero... E sono rimasto colpito dal fatto che il Sergente Rigoni fosse un uomo così pacifico, profondamente. Nella sua postazione amava e praticava la calma, il rispetto e la buona compagnia, era il pastore del gruppo. E si ritrova:
 a lottare per mantenere la ragione. A dover trovare un coraggio che non conosceva.
Mi ci potrei trovare io, che sono pacifico? Follia. Coraggio. Saprei gestire un qualsiasi tipo di assedio?
E più di tutto mi colpisce questo: pure se i suoi sottoposti e i suoi superiori sono solo tratteggiati, ti ci affezioni; sia la loro vita sia il loro carattere stanno in poche frasi, non c’è epica, non c’è indagine, eppure si parte presto a fare il pronostico sulla loro sopravvivenza. E’ un libro popolare. Si innesta in cose che studiammo a scuola, poi, grazie a lui entri nei dettagli – davvero importanti i diari!, e con il linguaggio vedi le scene, le vedi abbastanza chiaramente da emozionarti.
Cita il caposaldo, la pesante, l’attrezzatura, la giberna -una specie di cintura di Batman. Ci sono il caporale Pintossi, il soldato Giuanin, Antonelli. Nomi che lui ha salvato, persone che durano. Perché ho voluto fare un’introduzione anche se il libro è popolare? Perché proprio ricordando il contesto, ci facciamo l’idea del pericolo appena iniziamo a leggere. Quindi leggerlo è un percorso: verso una sfida per la vita. Proprio così ti viene voglia di leggerlo e poi di farlo leggere. Questo per me è tentare di capire la guerra: ricordare sempre che è una sfida alla vita, e non si deve fare.