domenica 23 febbraio 2025

Il sergente in Russia. Rigoni Stern contro la follia

 Libro: il Sergente nella neve

Parole: giberna, coraggio, ritirata



Il libro di oggi riunisce due generi di letture che frequento. Uno dei generi è il libro sulla natura, l’altro genere è la biografia ambientata in precisi eventi storici.
Si tratta di Il sergente nella neve, il sergente è Mario Rigoni Stern, ed è un racconto biografico di un soldato di 22 anni, divenuto scrittore dopo la pubblicazione di questa opera, che è un qualcosa ben al di là del resoconto, del diario e anche dell’autobiografia. Questo è da notare perché in molti hanno sentito nominare Rigoni Stern ma pochi sanno che lui è diventato scrittore solo inseguito alla pubblicazione di questo libro e che per quanto lo riguardava, poteva benissimo continuare a lavorare nel commercio tra altipiano e valli, come faceva la famiglia Rigoni da generazioni (“Stern” è un soprannome in lingua locale, che poi la famiglia ha “integrato”).
Il sergente nella neve è un’opera d’arte, per me, in ragione del linguaggio misurato, della struttura e di alcune scelte fatte dall’autore. Ha una lunghezza di 115 pagine. Lunghezza militaresca.


La vicenda si sviluppa in Russia in pochi mesi tra il 1942 e il 1943. Inverno, questa stagione. Rigoni Stern era allora sergente maggiore degli alpini, e la sua squadra è la protagonista della storia. I nomi dei luoghi in questo post sono italianizzati per facilitare la lettura.
Il libro ha due parti: la prima parte narra la vita di un avamposto italo-tedesco sulle rive del Don, a Ukransca Builova, con uno svolgimento calmo che rende l’idea della vita in trincea, piena di nostalgia, e stupisce per la resistenza e per la reazione ognuno di quei giovani vitali in un luogo ostile alla vita, alla suspence.
La seconda parte è pura trance, si sta dentro alla battaglia di Nicolaevca, paese che ora è all’interno di Livenka. Qui si racconta con dettagli (anche crudi) l’episodio che vi ho detto ma anche la famosa ritirata, dei soldati italiani e di qualche tedesco, la ritirata dei miei nonni, delle persone nate negli anni 20; era il momento in cui si invertono le sorti della Seconda Guerra Mondiale in Europa. Un preciso evento storico.
L’autore parla con frequenza del paesaggio – non era un gran che.
Rievoca come in uno specchio deformato i paesaggi dei luoghi natii: era di Asiago. Lui si trova in piena pianura , innevata, vento gelido, ma ricorda le montagne, i contadini, i prati verdi, e sogna la fidanzata, le feste. Lo stesso fanno i suoi compagni. Nelle zone a ovest del Don in cui ci porta il libro già a novembre il termometro va anche al di sotto di -20°C. 


La pianura favorisce l’accelerazione del vento, e con i mezzi tecnici del 1942 era dura resistere, il freddo picchiava le truppe, rovinava il cibo e sabotava le perfino bombe arrivate dall’Italia.
Io sono rimasto molto colpito perché normalmente mi lamento del tempo che c’è qui, della mia vita di lavoratore, o da cittadino, libero... E sono rimasto colpito dal fatto che il Sergente Rigoni fosse un uomo così pacifico, profondamente. Nella sua postazione amava e praticava la calma, il rispetto e la buona compagnia, era il pastore del gruppo. E si ritrova:
 a lottare per mantenere la ragione. A dover trovare un coraggio che non conosceva.
Mi ci potrei trovare io, che sono pacifico? Follia. Coraggio. Saprei gestire un qualsiasi tipo di assedio?
E più di tutto mi colpisce questo: pure se i suoi sottoposti e i suoi superiori sono solo tratteggiati, ti ci affezioni; sia la loro vita sia il loro carattere stanno in poche frasi, non c’è epica, non c’è indagine, eppure si parte presto a fare il pronostico sulla loro sopravvivenza. E’ un libro popolare. Si innesta in cose che studiammo a scuola, poi, grazie a lui entri nei dettagli – davvero importanti i diari!, e con il linguaggio vedi le scene, le vedi abbastanza chiaramente da emozionarti.
Cita il caposaldo, la pesante, l’attrezzatura, la giberna -una specie di cintura di Batman. Ci sono il caporale Pintossi, il soldato Giuanin, Antonelli. Nomi che lui ha salvato, persone che durano. Perché ho voluto fare un’introduzione anche se il libro è popolare? Perché proprio ricordando il contesto, ci facciamo l’idea del pericolo appena iniziamo a leggere. Quindi leggerlo è un percorso: verso una sfida per la vita. Proprio così ti viene voglia di leggerlo e poi di farlo leggere. Questo per me è tentare di capire la guerra: ricordare sempre che è una sfida alla vita, e non si deve fare.