martedì 31 dicembre 2024

L'augurio: La gioia all'improvviso!

 Libri: La gioia, all’improvviso – In tutto c’è stata bellezza - Lincoln nel Bardo

Parole: famiglia – inquietudine – bontà naturale – misticismo - Lutto

L’autore è Manuel Vilas. Spagnolo. Tradotto in Italia solo recentemente, ha una discreta produzione in patria.

Anni fa presi il libro PER il suo “predecessore”: un errore diffuso. Allora non mi fece impazzire, ma aveva qualcosa di grande. Mi rimase impresso. Poi bo’. Stette lì.

L’ho riletto da poco, proprio per quell’impressione. Temi ripetuti, trascinati dal primo libro in Italia appunto, ma con forma nuova. La struttura ha una certa elaborazione. Composta prevalentemente attorno al tour di uno scrittore per il libro “predecessore”, libro che adoro: In tutto c’è stata bellezza (Guanda, gennaio 2019).

Per inquadrare la situazione

Alcune ripetizioni, ma nelle totali 400 pagine c’è tanta energia nuova. Forse è un po’ facile, perché si appoggia al successo dell’altro libro. Io non critico Vilas: cosa non fai per vendere? Alla mancata critica aggiungo però che solo chi non ripetendosi riesce bene è un genio, ogni volta. Chi riesce ogni volta è un genio. David Foster Wallace era un genio. Questo uso del chi è necessario quando l’argomento è una persona, ma questo post non parlerà dell’autore, bensì del suo bel libro La gioia, all’improvviso.

Questo libro è un romanzo, un romanzo con una trama breve e verosimile, ma non è certamente un racconto codardo e fuggitivo, non è un brodino. E’ impostato come biografia. Io lo ho letto senza conoscere l’autore – non ha una back-list lunga qui da noi – ma come curiosità, per alcuni temi presenti, temi tosti. Lui scrive di sé, ma a me il libro arriva piacevolmente come un alternarsi di flusso di coscienza e impegno a esplorare il lutto, la genitorialità, la professione artistica.

Chi scrive dice di essere codardo, per me però è un lottatore.

Non è un truffatore. Hai letto subito che è legato a UN ALTRO LIBRO. Culli una speranza: che Vilas faccia dei passi avanti nell’elaborazione del lutto per i suoi genitori, speri che leggendo tu possa dotarti di qualche strumento per questa materia. Sì, diciamo… per quando ne avrai bisogno, ecco. Con tutta calma. E, insomma, compri La gioia all’improvviso!



Un tema, o più di uno

Tema: io credo che per natura un figlio lasci il padre e ugualmente lascia la casa di suo padre. Continua ad amarlo - lasciare la casa non è in alcun modo legato al sentimento – e vive altrove. Si può anche restare a casa coi genitori, ma è naturale - e quindi valido, valevole, accettabile - lasciarla. Qui invece Vilas si inceppa sul fatto che i genitori non vadano lasciati. Un papà non deve smettere di vedere i figli. È un mammone. Per il suo pentimento? Per la sua vicenda, passata, desidera una sorte diversa con la compagnia del figlio? Sarebbe umano, voglio dire: comprensibile.

Un aspetto da “Dislike”: frasi come: “Tutto mi chiama” caratterizzano Vilas in entrambi i libri, ma, mm, per me è no.

Si fa troppe domande, si fa tutte le domande, rientra nel girone degli speculativi senza limite. Quindi: senza meta. Quindi: mediterranei all’eccesso. Ad esempio, si chiede: “perché mi succedono cose tanto belle?”

Queste frasi sono poetiche ma hanno una tara: cancellano un pezzo di quello che è stato letto fino a quel punto. D’altronde noi avevamo già capito che in tutto c’è stata bellezza. Perché rimettere in discussione questo caposaldo? Come movente legittimo potrebbe esserci questo: elencare il passato.

Molto bello il capitolo 72, perché pedagogico; mi è parso molto equilibrato, pieno di indulgenza, e saggio. Ci ho trovato una saggezza universale nel parlare di infanzia.

La salvezza presente nel libro In tutto c’è stata bellezza è pure in questo volume; la salvezza si chiama Alberto, tecnico della caldaia. Alberto è un uomo allegro. Il confronto con questo uomo in carne, ossa e buonumore è funzionale all’accensione del narratore. Alberto ripara Vilas. Ciò vale dire: Vilas si auto-ripara. Fantastico!

Io sono stato una persona allegra. Ultimamente sono giù e mi sento finire. L’allegria è la salvezza anche del libro, perché cambia i nomi dei personaggi e cambia marcia. Il libro converge verso un obiettivo chiaro: l’amore salva, giustifica e dà la vita. Questa volta, è la volta buona.

Oggi? Eh? E oggi, lo sono allegro?

È un giorno importantissimo, forse formalmente può ingannare, sembrando leggero – se non vuoto di significato, sembrando ripetitivo – almeno ogni 365 giorni, o sembrando sordo – se non egoista. E’ un giorno “ALLEGRO” esso stesso, in quanto il 31-12 si fa festa. Fino a prova contraria. Anche senza i botti (che siano maledetti, oltre che banditi).

Oggi, cosa posso portare sul banco di prova? Sono vivo è ho avuto una buona salute. Banale? Sì ma non scherzo. Vado verso l’età del protagonista di questo romanzo biografico, e negli ultimi giorni ho cercato, nella memoria e in un diario, gli aspetti positivi di questi ultimi anni, quelli successivi alla pandemia. Ho trovato qualcosa. È la reazione positiva della mia vitalità. Ho effettuato l’autoaiuto. Auto-riparazione.

Ha funzionato: ora ho una soluzione al rabbuiarmi istintivo che mi accade con le news. Il mio presente… il nostro… Io mi informo, lo ho fatto anche nel corso del 2024, con 2 anni di guerra europea in coda, più altre tragedie: come fai a stare allegro con quello che gira su Ansa, Studio Aperto, giornali online e compagnia bella?

 Ti stordisci… un piccolo effetto, lo fa.

“Chi vuole drogarsi, trova la SUA droga”.

Suggerisco la musica: funziona! L’immagine, migliaia di foto fino al caos: ottimo!

Altrimenti: il cinema.

Oppure: mangiare, ma questo ha i suoi effetti collaterali (colesterali, biliari, gastroesofagei).

Un lieto fine ci vuole

Il libro, infine, in seconda lettura, in questo anno qua, ha vinto; il mio scetticismo è sconfitto. Perché? per la capacità di scrittura dimostrata su un temi difficili: la perdita delle persone amate. Avrete sentito di Lincoln nel Bardo, di Ford? Lo hanno letto molti: nel romanzo il rapporto con gli spiriti era scritto in modo indiretto e funzionava per il lettore, come immedesimazione, come intrattenimento, distante e impersonale. In questo libro ogni pagina è personale. Impossibile seguire una biografia altrui passo passo, però nel mio caso (ripeto: nel 2024), cercavo un aiuto per la mia biografia e per i miei lutti. Dal 2019, ho perso diversi giovani amici e degli zii che mi erano molto cari. Ho pensato a Vilas come a un sostegno. Lo è stato, ho dovuto però porre una distanza tra la sua vicenda-storia, che è listata a lutto per i genitori e per l’amore non dimostrato, e i miei lutti prematuri e inspiegabili.

È stato di aiuto.

sabato 30 novembre 2024

Diario dei giorni senza vento

Libro: Diario dei giorni senza vento, di Fabio Boiardi

Parole: architettura - lucidità - archistar - melina

Questo libro è il primo romanzo di Fabio Boiardi, un architetto di Piacenza con una profonda sensibilità e una grande passione per l'arte. Il protagonista di questa opera prima è un uomo di mezza età che fa il mestiere di architetto, che è padre e che è compagno, e che fa i conti con sé stesso durante una lunga trasferta di lavoro. Un’occasione inattesa lo porta in una città lontana dalla sua famiglia, situata sull’oceano e soggetta a venti forti. Deve seguire un cantiere molto grande e complesso: la costruzione di un edificio all’avanguardia, uno spazio polifunzionale, laddove sorgevano tanti piccoli orti molto cari alla popolazione locale. 

Il nome della città non ci viene rivelato, ma quel che dobbiamo tenere a mente sono questi tre elementi: metropoli, oceano, vento.

Il protagonista sperimenta la lontananza da casa, la nostalgia, la complessità e il compromesso del rapporto con i colleghi e una situazione di demolizione ed esproprio, o quanto meno di sfratto, legata al cantiere del quale è responsabile.

Il libro contiene una trovata narrativa molto originale: leggendolo, immaginiamo di avere tra le mani non un libro ma il diario del cantiere edilizio, un registro, che è un documento tecnico, probabilmente dovuto nei cantieri ad alta complessità. Siamo dentro al mestiere del direttore di un cantiere. Ci si cala nella mente di un professionista che forgia gli spazi in cui viviamo. Il nostro protagonista è un esecutore, perché l'ideatore del progetto è un archistar. Questi aleggia in alcune pagine e si materializza in poche decisive righe, fatali per la trama e per l'efficacia stessa del romanzo.

Tutte le cose che esistono si basano su numeri, e l'architetto costruisce cose molto grandi. Sul retro della pagina "tecnica", quindi sul verso dei fogli del registro, l'architetto scrive pensieri e sentimenti. Unisce al dovere il SUO proprio essere, ed è un essere che scava, che è competente e convincente, a tratti preoccupante, per gli abissi in cui scruta. Amalgamare i numeri e i sentimenti del protagonista mi fa apprezzare molto la lettura, perché dà all'insieme un tocco di realismo; sul retro del diario del cantiere, l'uomo scrive di sé. Il lavoro non lo aliena. Se voglio fare un accostamento - che è forzato, a causa delle mie limitate conoscenze - dico che le pagine di verso ospitano un flusso di coscienza (e va bene, facciamolo questo accostamento alla letteratura americana! Kerouac non può offendersi). Amalgamare, ripeto, riesce facile grazie a una scrittura precisa.

Vediamo qualche dettaglio sul protagonista

L'architetto ha delle grandi responsabilità; egli è un razionalista, è logica, è concretezza ed è ansia di risposte. Possibilmente certe, preferibilmente matematiche. Le pagine personali (del protagonista, non dell’autore) sono troppo estese per rientrare sul verso (il retro) di una pagina. Le chiama note a margine. Lo sono, ma deve starci dentro la sua profondità di pensiero, la sua vita, per quanto riguarda chi tali note le legge. la gestione che l'architetto di questo registro, di questo librone, è completamente governabile. La situazione è sotto controllo. Però i testi personali, mano a mano, si allungano. All'inizio mi aspettavo la spiegazione della deroga: quando i brani personali diventano molto lunghi, come possono essere contenuti solo sul retro di una pagina di registro? E' la mia razionalità! Siamo a inizio libro è la sintonia con il personaggio non è ancora perfetta; mi aspetto che il protagonista, una mente matematica e sempre lucida, capisca che deve una spiegazione per note così lunghe, eccedenti lo spazio che si era rigorosamente ritagliato all’inizio dello scrivere. superata la metà del libro capisco che avevo sbagliato a esigere una spiegazione, e la sintonia con il racconto intimo è così lineare che anche la mia necessità razionale cessa, scappa via. E' stata cacciata dall'empatia per il personaggio. Voglio che egli scriva a lungo, che mi dica tutto, di sé e non del cantiere, che mi frega del cantiere? C'è in ballo ben altro! 

Tuttavia il potere dell'architettura è un connotato fondamentale del libro, che piacerà senza dubbio agli addetti ai lavori e agli amanti della materia. il protagonista usa l’architettura per ordinare l’esistenza, e la crescita del SUO edificio per raccontare l’architettura, la sua utilità per il genere umano.

Anche se il librone è grosso, una pagina recto non può limitare il corso dei pensieri che viene scritto sul verso. Inizia subito il contrasto tra la formalità del registro e l'estro-idea-indole. Il pensiero inarrestabile come l'oceano, il flusso dei pensieri. Il problema - non si intende con l'accezione negativa e "letteraria", bensì con la sola accezione "matematica" - di tutte le persone che non frenano il desiderio di conoscenza, ma che a tratti restano travolte dalla complessità di certe questioni. Da casa a lavoro sono circa venti chilometri che faccio in treno oppure in automobile, ok? A volte ascolto il radiogiornale mentre mi reco a lavoro, e vorrei tanto due ore prima di mettermi alla scrivania per sviluppare le notizie che ho sentito in 10 minuti. Ovviamente quelle due ore non le ho, e quindi tutte le mie idee evaporano, ma quelle due ore sono esattamente le righe eccedenti! Sono le note a margine. L'architetto-narratore si prende lo spazio su carta e il tempo per svolgere il filo dei pensieri, e per sviluppare ciò che sente. Il razionalismo stesso richiede libertà di movimento per assestare le proprie forme e per consolidare un significato. Un procedimento del genere può resistere al tempo e alla natura, e rende un edificio un ottimo edificio. 

Ci ritroviamo col sedere per terra, un po' confusi, a vedere il tornado che si allontana da noi. Non ne avevamo abbastanza per reggere a quella forza misteriosa. Siamo scampati, ci siamo ancora e riprenderemo il discorso.

Leggere questo libro

La trama è riconducibile ai recto, perché tengono la crono-storia del cantiere che è l’anima della narrazione, dal momento che senza cantiere non ci sarebbero ne impressioni né incontri né azioni. Nei verso riesco a immedesimarmi con grande frequenza, su scene ovviamente diverse, a volte solo su singoli motti morali. Lui è un uomo simile a me. È laggiù da solo, sembra che scrivendo cerchi una sorta di conversazione. Leggerlo ci indica il suo piacere per alcuni aspetti della solitudine. Una condizione umana, ne brutta ne bella a prescindere, ma sempre associata allo stare con sé stessi. Ed è una cosa che serve stare con noi, una cosa che solo sbadatamente possiamo dimenticare, una condizione da trovare secondo volontà - e non certo per coercizione. Leggere questo libro per me ha significato entrare nelle riflessioni di un altro e sentirne in parte mie oltre a prendere l'avvio per pensare a un tema, specialmente il tema oscuro presente, insieme a temi diversi e positivi, nel volume. 

Il nostro tempo, penso, ci impone di vivere momenti di solitudine, e di uscirne con idee un poco più chiare di prima. La composizione dovrebbe essere l'obiettivo dei momenti di solitudine. Il mondo è cosparso di pezzi, il mondo è strapieno di pezzi. Unirli e farli combaciare. Che impresa! distinguere le idee deve essere una cosa presente nei nostri elenchi. Le idee da tenere con noi, sì, e da portare nel nostro piccolo mondo, limitando il più possibile il condizionamento esterno. Il protagonista fa chiarezza su di sè in un contesto di solitudine: sta da solo anche se vive e lavora in una grande città che vibra sotto raffiche di vento, raffiche di vita, raffiche di comunicazioni e informazioni (lo stesso cantiere è pieno di informazioni). Il racconto è abitato anche da altri personaggi. Ciò non cancella la condizione di solitudine del pensoso protagonista. 

Il romanzo ha una identità definibile. È un sollievo: posso dire che è un romanzo, posso dire che l’architettura è il campo dell’azione, posso dire che parla di dinamiche relazionali di coppia, delle frustrazioni in ambienti di lavoro, che è condito di cultura contemporanea con schegge precipitate certo dall’architettura ma pure dalla pittura (Bacon), dal cinema, dalla letteratura (tanta) e che mi parla degli uomini della mia età. Ultimamente ho letto un sacco di "ibridi" perchè sia la narrativa che la saggistica stanno attraversando una fase di trasformazione in Italia. Non è un problema, ma ero stanco di sentire autori che a una normalissima presentazione di una loro opera si sforzavano di estrarre il libro da una casella o da un reparto: "sì, è finzione ma ci ho messo tanta di quella realtà che un saggio di economia sembrerebbe meno utile del MIO libro" - "è un saggio sul partito comunista cinese ma se non lo avessi scritto con sagacia da narratore chi lo avrebbe mai letto (comprato)?"


L' architetto è un appassionato di matematica. Non riesce a lavorare in quel settore e ripiega, spiegandoci alcuni bivi imboccati, sull’architettura. Che non è il suo mondo. Che sembra essere un ambiente competitivo e affollato; così lui durante una riunione ha una crisi. Panico. Gli toccava parlare, lo fa. Inizia a farlo, ma finisce per avere una perdita e si fa la pipì addosso. Si piscia sotto in pubblico. Segnale dalla sua mente, dal suo Io.

Sua moglie si chiama Ester: “l’ho persa” scrive. La loro storia non è finita, in questo momento sono lontani e lui guarda alla relazione da una certa distanza, quindi annota cosa di lei ha perso. Leggiamo i movimenti nella sua mente, il suo andare indietro nel tempo, ripercorriamo dei momenti della sua vicenda, che possiamo riconoscere o che sono solo evocativi di esperienze comuni: il rapporto con il lavoro, con il tempo, con le malattie. 

C’è un tentativo di ricerca di senso che supera la necessità, che supera l'indispensabile e non si accontenta, e appare quasi figlio delle circostanze (la SUA distanza da casa, il lavoro, il SUO tempo). Questo tentativo è come la nostra riflessione - è davvero possibile farla per chiunque - quando osserviamo la nostra quotidianità da un punto di vista nuovo. 

Per il protagonista la novità è il lavoro in trasferta, ma non è indispensabile mettere un volo aereo in mezzo alle nostre relazioni abituali. E' che questo guardare nuovo, questo spiarsi in un certo senso, ci è utile, è molto interessante da leggere, ci fa generare un'opinione sul personaggio, può consolidare il nostro pensiero e il nostro concreto stare al mondo. Ed è il bel regalo dello scrutare di questo architetto senza nome, che ci fa emozionare sul ciglio dell'abisso. Perché non teme l'abisso. Ha la curiosità di affrontare le questioni. E non è poco. E' un bel personaggio, contemporaneo in un modo assoluto

La signora Ana, frequentatrice degli orti che sono stati sfrattati per il cantiere, va a cercare il protagonista. Era in pena per lui, perché dopo aver seguito personalmente i lavori, egli sparisce. Lui si è appartato, temporaneamente. Una sconosciuta che in poche settimane si affeziona a lui. Un personaggio, Ana, che nasce nel corso della scrittura – ci viene rivelato durante una presentazione – e che rappresenta anche per questo motivo la vitalità, la possibilità. L'architetto era solo alla nascita di questo romanzo.

La visita dell’archistar K, un giro veloce al cantiere, una visione, l’idea e il cambio parziale di progetto: l'ordina va a farsi benedire! Creatività al potere - è proprio il caso di dirlo. Questa visita comporta la convocazione di una riunione, delle più temibili: una riunione Ple-na-ria, che è un passaggio importante dell'intreccio. La trama però non è il punto forte di questo libro, lo è la sua verticalità! La linea orizzontale della lettura è molto piacevole, e sembra il prodotto di uno scrittore versato - invece è la prima pubblicazione di Fabio Boiardi, in veste di romanziere. Il pregio n°. 1 è questo scendere e salire nella mente di un uomo comune, dalle ambizioni comuni, dallo status sociale abbastanza diffuso nella nostra società, una persona che ha studi universitari, ok, ma non in scuole d'elite. Un uomo comune che potrebbe vivere in un appartamento in periferia in qualsiasi città europea. non è la linea orizzontale che mi ha colpito, ma quel sali e scendi lungo la verticale delle riflessioni e dell'edificazione, effettiva, del progetto che è anche il progetto del libro. Quando non rinunciamo ad affrontare i problemi difficili che ci càpitano nella vita, tiriamo fuori le nostre risorse migliori. Siamo allettati dalla possibilità di lasciar correre le cose, di prendere solo il primo strato del vero, a fingere che ci sia una storia millenaria, e cromosomi che mutano lentamente. Preferiamo fare melina. ma ci sono altre tattiche. Questo romanzo ti fa dire: "ma io sto facendo melina?". Questo romanzo racconta di un uomo che si pone domande importanti, e questo è piacevole e ci fa sentire meno soli con le sfide, quelle serie, che sono già in corso nella nostra fortunatissima ma travagliata esistenza.

Mi spiego con questo esempio: se leggo “non riesco più tanto a dire il Vero” laddove invece sta scritto “Non esco più tanto, quasi per nulla a dire il vero” significa che mi sono scoperto a tradire la verità, devo ammettere il mio comportamento, e ora che lo ho ammesso vorrei redimermi. L’architetto deve modificare il lavoro svolto sino a quel momento, e sì che aveva seguito le indicazioni per filo e per segno. 

Questa è una metafora della mia vita.


giovedì 22 agosto 2024

La Vita accanto di donne messe alla prova

 
Libro: La vita accanto

Parole: femminilità, musica, colpa e Dio

Durante l'anno ho letto più del solito, Ho incontrato pagine favolose, ma anche libri deludenti, e non trovavo nulla di originale da dire. Bene, facciamo come se io avessi scritto con regolarità e adesso non dovessi raccontare altre che la mia ultima lettura:

Ho la sensazione che La Vita Accanto sia il libro giusto per me ora, a prescindere dal film uscito da poco. Visto il retro di copertina del volume Einaudi, prima edizione: “Dio non è un papà buono e presente, pronto a darti la sua mano”, dice Maria, la Signora triste che vive accanto. Questo suo pensiero è il mio sentire in reazione a ogni frase che suona più o meno così: "confida nella provvidenza" e che ascolto ogni tanto; poche pagine di lettura e ho trovato una frase di un'altra protagonista, Rebecca, che fa così: "una bambina brutta. Di certo non è figlia di Dio". Finora ho citato due protagoniste: madre e figlia. Ora tiro in ballo l'autrice, e in tal modo capirete perchè ho scelto di leggere questo libro. Scrive l’autrice a pag. 5: “Dio lontano e le preghiere…” L’autrice è teologa e con queste frasi mi da man forte in una causa che ho intentato contro Dio nel 2020. il "processo" sarà lungo, ma adesso non mi dilungherò.

Provo a inquadrare questo bel romanzo. È libro di donna, è libro di donne. Anche per questo è il libro giusto al momento giusto: sono nel pieno della ricerca del femminile, voglio partecipare all'avanzata delle donne nella società occidentale. Due case venete sono la scena di quasi tutta la vicenda. Sullo sfondo c’è il tema della depressione, un diaframma che ci frena dall’istinto e in teoria anche dal peccato. Sullo stesso piano: educazione, conformismo e pure l’anticonformismo che è incarnato da una Zia. Rebecca ha una zia eccezionale: Erminia, un personaggio laterale, ma che emerge dallo sfondo ed è definita con assai più dovizia rispetto al papà di Rebecca - che in effetti pare un uomo insulso quanto bello.

Rebecca, figlia della Signora triste e di un papà medico, ha un brutto aspetto, tale da far preoccupare i suoi genitori sin dalla nascita. Vive come incatenata. Leggiamo la sua liberazione.

La depressione frena la vita; in tanti romanzi grandiosi, come ad esempio I miserabili - nella Parte Prima, da pagina 32 dell’edizione Einaudi curata da Picchi - si trova questo tema: stacchiamoci dagli errori fatti e dal peccato per vivere bene, per "riprenderci" la nostra vita "davvero". Rebecca vuole che sua madre si stacchi dalla depressione. Ci pone nella condizione di incolpare sua madre per essere depressa. Interviene la trama, a scagionare Maria e ognuno di noi: la depressione stessa è una pulsione istintiva; anche la depressione è naturale. può perfino venire da Dio, così come possono venir da lui quelle che chiamiamo "le benedizioni". Un talento. La bellezza. La bontà. E così via.

Questo libro declina la depressione come il peccato di non vivere, perché il vivere accanto della madre fa male a Rebecca. Fa male a tutti: ma evitare questo è possibile? È sempre possibile uscirne con le proprie risorse? Fa male alla vita. Cosa ci ha insegnato la chiesa cattolica? che il peccato fa male alla vita, alla lunga la danneggia fino ad annichilirla. Allora la depressione è come il peccato - Maria è annichilita. In teoria fila. L'autrice ci porta qui, prima. Poi inizia un viaggio diverso. Nel quale anche chi legge può allargare lo sguardo.

Rebecca vede sua madre in questo stato frenato e fermo, e desidera più di tutto, più di diventare una bella bambina, un moto di reazione da mamma. Vuole che mamma si senta importante. Qui fa pensare alla Andrea, star televisiva, di Dieci donne di Marcela Serrano: un divertente campionario del femminile del 2011, di grande successo.

Zia Erminia, musicista, cosmopolita, è un'altra donna del romanzo. A lei si deve la versione attiva e forte delle donne messe alla prova. La zia ha un comportamento costruttivo, agisce da una distanza diversa di quella toccata ai genitori. Erminia è il simbolo di darsi valore e di provarci, ancora una volta. Si dedicava completamente a chi le stava davanti.

Non è finita: c’è un’altra donna ed è Maddalena, la prima governante, quella dell’infanzia di Rebecca; una donna adulta che poteva amarla, che ci riusciva. Una donna priva di istruzione ericca di sentimenti, una persona discreta e insieme affettuosa, senza scomporsi, accudisce Rebecca e custodisce i segreti. Lei riesce ad amare la bambina brutta perché è una donna con poche pretese, ed è umile? o perché viveva semplicemente? La risposta non è scritta nelle pagine, eppure la domanda ci verrà, per contrasti con altre protagoniste delle storia.

Con sua zia, Rebecca inizia a suonare il pianoforte. Per la bambina si apre una (insperata) stradina per attraversare il mondo. Nella narrazione irrompe il pericolo del conformismo: nella casa si discute del rischio di credere troppo nella musica, e finire delusi.

La Zia non teme! Sta a lei imporre la riflessione sulla capacità di "esserci per un'altra persona", mentre vediamo, simultaneamente, la madre di Rebecca incagliata in sé stessa, picconare il ruolo che c’è per antonomasia, quello della Madre.

La madre di Rebecca non può esserci, ma alcuni termini usati suggeriscono che intende non esserci: riceve amore, non lo restituisce, riceve parole, non risponde, riceve sguardi e non li ricambia. Non vuole: parlare, guardare. Questa donna triste si desta solo una volta: alla venuta del parroco. Sente un’intrusione, un rischio, possiamo immaginare. Il rischio massimo, il pericolo estremo. Quando Rebecca, col suo aspetto anomalo, la sua storia scritta fino a quel punto tutta sotto una campana di vetro, va a scuola, per tutta la casa si tratta di una svolta. E' allerta rossa! Oltre al meccanismo psicologico innescato dentro alla famiglia, l’ingresso a scuola fa partire anche un meccanismo sociale, fuori dalla zona di conforto casalinga. Non solo i genitori si preoccupano, tutti faranno delle considerazioni e saranno tutte sulla base dell’aspetto della bambina.

Fa pensare al legame tra figli e genitori

Ho visto il trailer del film tratto dal romanzo: al contrario del libro Rebecca ha una voglia sul viso e non è poi così orribile. Il cinema è fatto pure così: pazienza. Come sarà stare in classe con tanti difetti che i compagni vedranno? Chi ci sarà, chi è che arriverà? Di sicuro di punto in bianco arriva il prete. Il primo che va a bussare. Chiedendo che Rebecca vada a catechismo.  L’uomo vestito di nero: “se va a scuola, può venire pure in chiesa”. La madre: “No”. Punto.

La mamma sentiva la responsabilità della propria tristezza, la riconosceva; non era pazza.

Si sentiva madre, provava affetto e slanci, ma veniva sconfitta ogni volta tristezza. Sentiva la responsabilità di fare soffrire proprio sua figlia. Un genitore che legge può uscire dalla storia e immaginare se magari, nella realtà, qualcosa di simile gli può capitare. Io mi sono chiesto: questo stato di sconfitta certa di Maria, derivava da qualcuno?

Qualche pagina dopo, l’autrice scrive una risposta. Anche la risposta può essere portata dal libro alla realtà. Lascio la risposta alle righe che la descrivono. Il libro fa riflettere sulla Inadeguatezza. Sentirsi inadeguati, essere giudicati inadeguati. Opporsi come fa Zia Erminia all’inadeguatezza crescente dell’ambiente circostante. La capacità di adeguarsi all’ambiente fa bene quando intorno a te la società (che si fa giudice) è in declino?

Consideriamo ANCORA una FURBATA adattarci alla SOCIETA' quando essa è in DECLINO?

L’isolamento descritto in La Vita Accanto, sia di Rebecca che di sua madre, e le prove toccate alle altre donne, illustra una incompatibilità tra una persona e una collettività. nella quale vige una media, vale una sola moneta, l'immagine, e pesa una tara, il maschilismo.

Il padre di Rebecca interpreta il ruolo dell’uomo che si preoccupa e BASTA. Del passivo. Incarna teoria che si giustifica da sé risparmiandosi il rischio di qualsiasi ricaduta pratica. Veladiano pare volere definire il valore di quell’atteggiamento prudente e farcito di istruzione: esso è di grado “fatale”. Trovo bello che l’autrice assegni questo ruolo a un uomo meravigliosamente attraente, di buona famiglia e dotto. È uno scherzo ben riuscito!

Maschio italico 

Bello et Ricco e intelligente

 sbaglia l’amore!

Anch'egli, viveva accanto, a sua moglie, ma era solo un bel medico inutile.