Libro: Diario dei giorni senza vento, di Fabio Boiardi
Parole: architettura - lucidità - archistar - melina
Questo libro è il primo romanzo di Fabio Boiardi, un architetto di Piacenza con una profonda sensibilità e una grande passione per l'arte. Il protagonista di questa opera prima è un uomo di mezza età che fa il mestiere di
architetto, che è padre e che è compagno, e che fa i conti con sé stesso durante una lunga
trasferta di lavoro. Un’occasione inattesa lo porta in una città lontana dalla sua famiglia, situata
sull’oceano e soggetta a venti forti. Deve seguire un cantiere molto grande e
complesso: la costruzione di un edificio all’avanguardia, uno spazio polifunzionale, laddove sorgevano tanti piccoli orti molto cari alla popolazione locale.
Il nome della città non ci viene rivelato, ma quel che dobbiamo tenere a mente sono questi tre
elementi: metropoli, oceano, vento.
Il protagonista sperimenta la lontananza da casa, la
nostalgia, la complessità e il compromesso del rapporto con i colleghi e una situazione di demolizione ed esproprio, o quanto meno di sfratto, legata al cantiere del quale è responsabile.
Il libro contiene una trovata narrativa molto originale:
leggendolo, immaginiamo di avere tra le mani non un libro ma il diario del
cantiere edilizio, un registro, che è un documento tecnico, probabilmente dovuto nei cantieri ad alta complessità. Siamo dentro al mestiere del direttore di un cantiere. Ci si cala nella mente di un professionista che forgia gli spazi in cui viviamo. Il nostro protagonista è un esecutore, perché l'ideatore del progetto è un archistar. Questi aleggia in alcune pagine e si materializza in poche decisive righe, fatali per la trama e per l'efficacia stessa del romanzo.
Tutte le cose che esistono si basano su numeri, e l'architetto costruisce cose molto grandi. Sul retro della pagina "tecnica", quindi sul verso dei fogli del registro, l'architetto scrive pensieri e sentimenti. Unisce al dovere il SUO proprio essere, ed è un essere che scava, che è competente e convincente, a tratti preoccupante, per gli abissi in cui scruta. Amalgamare i numeri e i sentimenti del protagonista mi fa apprezzare molto la lettura, perché dà all'insieme un tocco di realismo; sul retro del diario del cantiere, l'uomo scrive di sé. Il lavoro non lo aliena. Se voglio fare un accostamento - che è forzato, a causa delle mie limitate conoscenze - dico che le pagine di verso ospitano un flusso di coscienza (e va bene, facciamolo questo accostamento alla letteratura americana! Kerouac non può offendersi). Amalgamare, ripeto, riesce facile grazie a una scrittura precisa.
Vediamo qualche dettaglio sul protagonista
L'architetto ha delle grandi responsabilità; egli è un razionalista, è logica, è concretezza ed è ansia di risposte. Possibilmente certe, preferibilmente matematiche. Le pagine personali (del protagonista, non
dell’autore) sono troppo estese per rientrare sul verso (il retro) di una pagina. Le chiama note a margine. Lo sono, ma deve starci dentro la sua profondità di pensiero, la sua vita, per quanto riguarda chi tali note le legge. la gestione che l'architetto di questo registro, di questo librone, è completamente governabile. La situazione è sotto controllo. Però i testi personali, mano a mano, si allungano. All'inizio mi
aspettavo la spiegazione della deroga: quando i brani personali diventano molto lunghi, come possono essere contenuti solo sul retro di una pagina di registro? E' la mia razionalità! Siamo a inizio libro è la sintonia con il personaggio non è ancora perfetta; mi aspetto che il protagonista, una mente matematica e sempre lucida, capisca che
deve una spiegazione per note così lunghe, eccedenti lo spazio che
si era rigorosamente ritagliato all’inizio dello scrivere. superata la metà del libro capisco che avevo sbagliato a esigere una spiegazione, e la sintonia con il racconto intimo è così lineare che anche la mia necessità razionale cessa, scappa via. E' stata cacciata dall'empatia per il personaggio. Voglio che egli scriva a lungo, che mi dica tutto, di sé e non del cantiere, che mi frega del cantiere? C'è in ballo ben altro!
Tuttavia il potere dell'architettura è un connotato fondamentale del libro, che piacerà senza dubbio agli addetti ai lavori e agli amanti della materia. il protagonista usa l’architettura per ordinare l’esistenza, e la crescita del SUO edificio per raccontare l’architettura, la sua utilità per il genere umano.
Anche se il librone è grosso, una pagina recto non può limitare il corso dei pensieri che viene scritto sul verso. Inizia subito il contrasto tra la formalità del registro e l'estro-idea-indole. Il pensiero inarrestabile come l'oceano, il flusso dei pensieri. Il problema - non si intende con l'accezione negativa e "letteraria", bensì con la sola accezione "matematica" - di tutte le persone che non frenano il desiderio di conoscenza, ma che a tratti restano travolte dalla complessità di certe questioni. Da casa a lavoro sono circa venti chilometri che faccio in treno oppure in automobile, ok? A volte ascolto il radiogiornale mentre mi reco a lavoro, e vorrei tanto due ore prima di mettermi alla scrivania per sviluppare le notizie che ho sentito in 10 minuti. Ovviamente quelle due ore non le ho, e quindi tutte le mie idee evaporano, ma quelle due ore sono esattamente le righe eccedenti! Sono le note a margine. L'architetto-narratore si prende lo spazio su carta e il tempo per svolgere il filo dei pensieri, e per sviluppare ciò che sente. Il razionalismo stesso richiede libertà di movimento per assestare le proprie forme e per consolidare un significato. Un procedimento del genere può resistere al tempo e alla natura, e rende un edificio un ottimo edificio.
Ci ritroviamo col sedere per terra, un po' confusi, a vedere il tornado che si allontana da noi. Non ne avevamo abbastanza per reggere a quella forza misteriosa. Siamo scampati, ci siamo ancora e riprenderemo il discorso.
Leggere questo libro
La trama è
riconducibile ai recto, perché tengono la crono-storia del cantiere che è l’anima
della narrazione, dal momento che senza cantiere non ci sarebbero ne
impressioni né incontri né azioni. Nei verso riesco a immedesimarmi con grande
frequenza, su scene ovviamente diverse, a volte solo su singoli motti morali. Lui è un uomo simile a me. È laggiù da solo, sembra che scrivendo cerchi una sorta di conversazione. Leggerlo ci indica il suo piacere per alcuni aspetti della solitudine. Una condizione umana, ne brutta ne bella a prescindere, ma sempre associata allo stare con sé stessi. Ed è una cosa che serve stare con noi, una cosa che solo sbadatamente possiamo dimenticare, una condizione da trovare secondo volontà - e non certo per coercizione. Leggere questo libro per me ha significato entrare nelle riflessioni di un altro e sentirne in parte mie oltre a prendere l'avvio per pensare a un tema, specialmente il tema oscuro presente, insieme a temi diversi e positivi, nel volume.
Il nostro tempo, penso, ci impone di vivere momenti di solitudine, e di uscirne con idee un poco più chiare di prima. La composizione dovrebbe essere l'obiettivo dei momenti di solitudine. Il mondo è cosparso di pezzi, il mondo è strapieno di pezzi. Unirli e farli combaciare. Che impresa! distinguere le idee deve essere una cosa presente nei nostri elenchi. Le idee da tenere con noi, sì, e da portare nel nostro piccolo mondo, limitando il più possibile il condizionamento esterno. Il protagonista fa chiarezza su di sè in un contesto di solitudine: sta da solo anche se vive e lavora in una grande città che vibra sotto raffiche di vento, raffiche di vita, raffiche di comunicazioni e informazioni (lo stesso cantiere è pieno di informazioni). Il racconto è abitato anche da altri personaggi. Ciò non cancella la condizione di solitudine del pensoso protagonista.
Il romanzo ha una identità definibile. È un sollievo: posso
dire che è un romanzo, posso dire che l’architettura è il campo dell’azione,
posso dire che parla di dinamiche relazionali di coppia, delle frustrazioni in
ambienti di lavoro, che è condito di cultura
contemporanea con schegge precipitate certo dall’architettura ma pure dalla
pittura (Bacon), dal cinema, dalla letteratura (tanta) e che mi parla degli uomini
della mia età. Ultimamente ho letto un sacco di "ibridi" perchè sia la narrativa che la saggistica stanno attraversando una fase di trasformazione in Italia. Non è un problema, ma ero stanco di sentire autori che a una normalissima presentazione di una loro opera si sforzavano di estrarre il libro da una casella o da un reparto: "sì, è finzione ma ci ho messo tanta di quella realtà che un saggio di economia sembrerebbe meno utile del MIO libro" - "è un saggio sul partito comunista cinese ma se non lo avessi scritto con sagacia da narratore chi lo avrebbe mai letto (comprato)?"
L' architetto è un appassionato di matematica. Non riesce a lavorare in quel settore e ripiega, spiegandoci alcuni bivi imboccati, sull’architettura. Che non è il suo mondo. Che sembra essere un ambiente competitivo e affollato; così lui durante una riunione ha una crisi. Panico. Gli
toccava parlare, lo fa. Inizia a farlo, ma finisce per avere una perdita e si fa
la pipì addosso. Si piscia sotto in pubblico. Segnale dalla sua mente, dal suo
Io.
Sua moglie si chiama Ester: “l’ho persa” scrive. La loro storia non è finita, in questo momento sono
lontani e lui guarda alla relazione da una certa distanza, quindi annota cosa
di lei ha perso. Leggiamo i movimenti nella sua mente, il suo andare indietro nel tempo, ripercorriamo dei momenti della sua vicenda, che possiamo riconoscere o che sono solo evocativi di esperienze comuni: il rapporto con il lavoro, con il tempo, con le malattie.
C’è un tentativo di ricerca di senso che supera la necessità, che supera l'indispensabile e non si accontenta, e appare quasi figlio delle circostanze
(la SUA distanza da casa, il lavoro, il SUO tempo). Questo tentativo è come la nostra riflessione - è davvero possibile farla per chiunque - quando osserviamo la nostra quotidianità da un punto di vista nuovo.
Per il protagonista la novità è il lavoro in trasferta, ma non è indispensabile mettere un volo aereo in mezzo alle nostre relazioni abituali. E' che questo guardare nuovo, questo spiarsi in un certo senso, ci è utile, è molto interessante da leggere, ci fa generare un'opinione sul personaggio, può consolidare il nostro pensiero e il nostro concreto stare al mondo. Ed è il bel regalo dello scrutare di questo architetto senza nome, che ci fa emozionare sul ciglio dell'abisso. Perché non teme l'abisso. Ha la curiosità di affrontare le questioni. E non è poco. E' un bel personaggio, contemporaneo in un modo assoluto
La signora Ana, frequentatrice degli orti che sono stati
sfrattati per il cantiere, va a cercare il protagonista. Era in pena per lui, perché dopo aver seguito personalmente i lavori, egli sparisce. Lui si è appartato, temporaneamente. Una sconosciuta
che in poche settimane si affeziona a lui. Un personaggio, Ana, che nasce
nel corso della scrittura – ci viene rivelato durante una presentazione – e che
rappresenta anche per questo motivo la vitalità, la possibilità. L'architetto era solo alla nascita di questo romanzo.
La visita dell’archistar K, un giro veloce al cantiere, una
visione, l’idea e il cambio parziale di progetto: l'ordina va a farsi benedire! Creatività al potere - è proprio il caso di dirlo. Questa visita
comporta la convocazione di una riunione, delle più temibili: una riunione
Ple-na-ria, che è un passaggio importante dell'intreccio. La trama però non è il punto forte di questo libro, lo è la sua verticalità! La linea orizzontale della lettura è molto piacevole, e sembra il prodotto di uno scrittore versato - invece è la prima pubblicazione di Fabio Boiardi, in veste di romanziere. Il pregio n°. 1 è questo scendere e salire nella mente di un uomo comune, dalle ambizioni comuni, dallo status sociale abbastanza diffuso nella nostra società, una persona che ha studi universitari, ok, ma non in scuole d'elite. Un uomo comune che potrebbe vivere in un appartamento in periferia in qualsiasi città europea. non è la linea orizzontale che mi ha colpito, ma quel sali e scendi lungo la verticale delle riflessioni e dell'edificazione, effettiva, del progetto che è anche il progetto del libro. Quando non rinunciamo ad affrontare i problemi difficili che ci càpitano nella vita, tiriamo fuori le nostre risorse migliori. Siamo allettati dalla possibilità di lasciar correre le cose, di prendere solo il primo strato del vero, a fingere che ci sia una storia millenaria, e cromosomi che mutano lentamente. Preferiamo fare melina. ma ci sono altre tattiche. Questo romanzo ti fa dire: "ma io sto facendo melina?". Questo romanzo racconta di un uomo che si pone domande importanti, e questo è piacevole e ci fa sentire meno soli con le sfide, quelle serie, che sono già in corso nella nostra fortunatissima ma travagliata esistenza.
Mi spiego con questo esempio: se leggo “non riesco più tanto a dire il
Vero” laddove invece sta scritto “Non esco più tanto, quasi per nulla a dire il
vero” significa che mi sono scoperto a tradire la verità, devo ammettere il mio comportamento, e ora che lo ho ammesso vorrei redimermi. L’architetto deve modificare il lavoro svolto sino a quel momento, e sì che aveva seguito le indicazioni per filo e per segno.
Questa è una
metafora della mia vita.