Libro: La vita accanto
Parole: femminilità, musica, colpa e Dio
Durante l'anno ho letto più del solito, Ho incontrato pagine favolose, ma anche libri deludenti, e non trovavo nulla di originale da dire. Bene, facciamo come se io avessi scritto con regolarità e adesso non dovessi raccontare altre che la mia ultima lettura:
Ho la sensazione che La Vita Accanto sia il libro giusto per me ora, a prescindere dal film uscito da poco. Visto il retro di copertina del volume Einaudi, prima edizione: “Dio non è un papà buono e presente, pronto a darti la sua mano”, dice Maria, la Signora triste che vive accanto. Questo suo pensiero è il mio sentire in reazione a ogni frase che suona più o meno così: "confida nella provvidenza" e che ascolto ogni tanto; poche pagine di lettura e ho trovato una frase di un'altra protagonista, Rebecca, che fa così: "una bambina brutta. Di certo non è figlia di Dio". Finora ho citato due protagoniste: madre e figlia. Ora tiro in ballo l'autrice, e in tal modo capirete perchè ho scelto di leggere questo libro. Scrive l’autrice a pag. 5: “Dio lontano e le preghiere…” L’autrice è teologa e con queste frasi mi da man forte in una causa che ho intentato contro Dio nel 2020. il "processo" sarà lungo, ma adesso non mi dilungherò.
Provo a inquadrare questo bel romanzo. È libro di donna, è libro di donne. Anche per questo è il libro giusto al momento giusto: sono nel pieno della ricerca del femminile, voglio partecipare all'avanzata delle donne nella società occidentale. Due case venete sono la scena di quasi tutta la vicenda. Sullo sfondo c’è il tema della depressione, un diaframma che ci frena dall’istinto e in teoria anche dal peccato. Sullo stesso piano: educazione, conformismo e pure l’anticonformismo che è incarnato da una Zia. Rebecca ha una zia eccezionale: Erminia, un personaggio laterale, ma che emerge dallo sfondo ed è definita con assai più dovizia rispetto al papà di Rebecca - che in effetti pare un uomo insulso quanto bello.
Rebecca, figlia della Signora triste e di un papà medico, ha un
brutto aspetto, tale da far preoccupare i suoi genitori sin dalla nascita. Vive come incatenata. Leggiamo la sua liberazione.
La depressione frena la vita; in tanti romanzi grandiosi, come ad esempio I miserabili - nella Parte Prima, da pagina 32 dell’edizione Einaudi curata da Picchi - si trova questo tema: stacchiamoci dagli errori fatti e dal peccato per vivere bene, per "riprenderci" la nostra vita "davvero". Rebecca vuole che sua madre si stacchi dalla depressione. Ci pone nella condizione di incolpare sua madre per essere depressa. Interviene la trama, a scagionare Maria e ognuno di noi: la depressione stessa è una pulsione istintiva; anche la depressione è naturale. può perfino venire da Dio, così come possono venir da lui quelle che chiamiamo "le benedizioni". Un talento. La bellezza. La bontà. E così via.
Questo libro declina la depressione come il peccato di non vivere, perché il vivere accanto della madre fa male a Rebecca. Fa male a tutti: ma evitare questo è possibile? È sempre possibile uscirne con le proprie risorse? Fa male alla vita. Cosa ci ha insegnato la chiesa cattolica? che il peccato fa male alla vita, alla lunga la danneggia fino ad annichilirla. Allora la depressione è come il peccato - Maria è annichilita. In teoria fila. L'autrice ci porta qui, prima. Poi inizia un viaggio diverso. Nel quale anche chi legge può allargare lo sguardo.
Rebecca vede sua madre in questo stato frenato e fermo, e desidera più di tutto, più di diventare una bella bambina, un moto di reazione da mamma. Vuole che mamma si senta importante. Qui fa pensare alla Andrea, star televisiva, di Dieci donne di Marcela Serrano: un divertente campionario del femminile del 2011, di grande successo.
Zia Erminia, musicista, cosmopolita, è un'altra donna del romanzo. A lei si deve la versione attiva e forte delle donne messe alla prova. La zia ha un comportamento costruttivo, agisce da una distanza diversa di quella toccata ai genitori. Erminia è il simbolo di darsi valore e di provarci, ancora una volta. Si dedicava completamente a chi le stava davanti.
Non è finita: c’è un’altra donna ed è Maddalena, la prima governante, quella dell’infanzia di Rebecca; una donna adulta che poteva amarla, che ci riusciva. Una donna priva di istruzione ericca di sentimenti, una persona discreta e insieme affettuosa, senza scomporsi, accudisce Rebecca e custodisce i segreti. Lei riesce ad amare la bambina brutta perché è una donna con poche pretese, ed è umile? o perché viveva semplicemente? La risposta non è scritta nelle pagine, eppure la domanda ci verrà, per contrasti con altre protagoniste delle storia.
Con sua zia, Rebecca inizia a suonare il pianoforte. Per la bambina si apre una (insperata) stradina per attraversare il mondo. Nella narrazione irrompe il pericolo del conformismo: nella casa si discute del rischio di credere troppo nella musica, e finire delusi.
La Zia non teme! Sta a lei imporre la riflessione
sulla capacità di "esserci per un'altra persona", mentre vediamo, simultaneamente, la madre di
Rebecca incagliata in sé stessa, picconare il ruolo che c’è
per antonomasia, quello della Madre.
La madre di Rebecca non può
esserci, ma alcuni termini usati suggeriscono che intende non esserci: riceve
amore, non lo restituisce, riceve parole, non risponde, riceve sguardi e non li
ricambia. Non vuole: parlare, guardare. Questa donna triste si desta solo una
volta: alla venuta del parroco. Sente un’intrusione, un rischio, possiamo
immaginare. Il rischio massimo, il pericolo estremo. Quando Rebecca, col suo
aspetto anomalo, la sua storia scritta fino a quel punto tutta sotto una campana di vetro, va a scuola,
per tutta la casa si tratta di una svolta. E' allerta rossa! Oltre al
meccanismo psicologico innescato dentro alla famiglia, l’ingresso a scuola fa
partire anche un meccanismo sociale, fuori dalla zona di conforto casalinga. Non solo i
genitori si preoccupano, tutti faranno delle considerazioni e saranno tutte
sulla base dell’aspetto della bambina.
Ho visto il trailer del film
tratto dal romanzo: al contrario del libro Rebecca ha una voglia sul viso e non è poi così orribile. Il
cinema è fatto pure così: pazienza. Come sarà stare in classe con tanti difetti
che i compagni vedranno? Chi ci sarà, chi
è che arriverà? Di sicuro di punto in bianco arriva il prete. Il primo che va a bussare. Chiedendo che Rebecca vada a
catechismo. L’uomo vestito di nero: “se
va a scuola, può venire pure in chiesa”. La madre: “No”. Punto.
La mamma sentiva la responsabilità della propria
tristezza, la riconosceva; non era pazza.
Si sentiva madre, provava
affetto e slanci, ma veniva sconfitta ogni volta tristezza. Sentiva
la responsabilità di fare soffrire proprio sua figlia. Un genitore che
legge può uscire dalla storia e immaginare se magari, nella realtà, qualcosa di
simile gli può capitare. Io mi sono chiesto: questo stato di sconfitta certa di Maria, derivava da qualcuno?
Qualche pagina dopo, l’autrice
scrive una risposta. Anche la risposta può essere portata dal libro alla
realtà. Lascio la risposta alle righe che la descrivono. Il libro fa riflettere
sulla Inadeguatezza. Sentirsi inadeguati, essere giudicati inadeguati. Opporsi come
fa Zia Erminia all’inadeguatezza crescente dell’ambiente circostante. La capacità
di adeguarsi all’ambiente fa bene quando intorno a te la società (che si fa
giudice) è in declino?
Consideriamo ANCORA una FURBATA adattarci alla SOCIETA' quando essa è in DECLINO?
L’isolamento descritto in La Vita Accanto, sia di Rebecca che di sua madre, e le prove toccate alle altre donne, illustra una incompatibilità tra una persona e una collettività. nella quale vige una media, vale una sola moneta, l'immagine, e pesa una tara, il maschilismo.
Il padre di Rebecca interpreta
il ruolo dell’uomo che si preoccupa e BASTA. Del passivo. Incarna teoria
che si giustifica da sé risparmiandosi il rischio di qualsiasi ricaduta pratica.
Veladiano pare volere definire il valore di quell’atteggiamento prudente e farcito di istruzione: esso
è di grado “fatale”. Trovo bello che l’autrice assegni questo ruolo a un uomo
meravigliosamente attraente, di buona famiglia e dotto. È uno scherzo ben
riuscito!
Maschio italico
Bello et Ricco e intelligente
sbaglia l’amore!
Anch'egli, viveva accanto, a sua moglie, ma era solo un bel medico inutile.
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