sabato 5 ottobre 2013

perchè perché PERCHE'

(Nel sogno

... "perché" ha un brutto suono. parola importantissima, va bene! usata spesso, tanto da non farci caso, e detiene ruoli chiave! ma è brutta! cuel "erk" che restituisce scricchiolii, bokkacce, spacchi, e quella e accentata finale che classifica, infingarda, i dialetti imparentati alla lingua italiana. perchè? perché? pérché?eppèrk'? pekké? tutte varianti egualmente in uso. tutti suoni bruttini, tutti sballati...


Al risveglio)

Ieri sera, in libreria, un gruppo di clienti forestiere (ecco una parola bella!) mi ha fatto diverse richieste libresche e mi ha detto tanti "perchè".
Stamattina le vorrei salutare con gratitudine e allegria, nonostante i sogni agitati che ritengo dovuti a loro. O no, chissà. I loro perché mi sono rimasti in testa, ed è stato come portarsi il lavoro a casa. "Perché volevamo un libro piuttosto che un altro."
"Perché dovremmo leggere i libri che ci consiglia?"
"Perché sa', questo genere non fa per me, non mi sta addosso, non mi entra, non è del mio tempo, non mi fa staccare."
"Ma - scusi - lei non è di qui. Perchè vive in questa città?"
e infine, in un crescendo tumultuoso:
"Perché fa il libraio?"
Una domanda molto bella. Importante, si va sul personale. In-effetti, sul personale c'eravamo già arrivati. E in un certo senso esserci arrivati è una valida spiegazione: faccio il libraio anche perchè così instauro dei rapporti con le persone. Anche.
Lì per lì, ho fornito alle interlocutrici la risposta breve, in tutta onestà. Pensavo: glielo dico o no? non è che per caso siamo tutti un po' stanchi? Gioco la romantic version?
Ho risposto perché erano simpatiche, oneste anche loro, e infermiere. Carine.
Erano le 23:00, era tardi, era meglio la versione corta. Fino a quel punto avevo (re)agito bene.
Qui, invece, leggete la versione lunga; una parte: la faccio a puntate (una minaccia?), perchè sicuramente mi verranno ulteriori risposte nel corso del tempo. C'è sempre qualcosa da imparare: dai libri, dai clienti e dalle mie reazioni.
Il libro è un oggetto fantastico.
Mi piace avere a che fare coi libri.
Se lavorare procura da vivere, vorrei che l'oggetto del mio lavorare fossero i libri.
Bisognava solo trovare il posto in cui lavorare coi libri e vivere bene. E l'ho trovato, o meglio ci ho portato la mia vita. Questo posto è una città di centomila persone.
Il contesto ambientale ha avuto la sua importanza: in questa piccola città ho trovato presto quello che cercavo, oltre al lavoro, intendo. 
Ci sono condizioni favorevoli per fare tutto quel che voglio. Evitare di usare l’auto. Fare lunghe passeggiate in silenzio. Mangiare bene. Sconfinare - cioè, passare il confine di stato - in capo a due ore. Persino fare il libraio per campare. In Italia. Pensa!
Al mio arrivo ero guardingo, pessimista. Poi mi sono sciolto, perché ho scoperto che c’erano delle affinità tra me e la gente del posto, non ultima lo splendente orgoglio di godere nel farsi gli affari propri. Amo i cortili chiusi dei vecchi palazzi del centro: lungi dall’evocare una nobiltà, “ascosa al volgo”, che pure li ha costruiti, rappresentano il piacere di coltivare la privacy integrale. Non chiedo di meglio: moderno rispetto della libertà reciproca. Ci si incrocia per strada accennando un saluto o ignorandosi soavemente, in una muta osservanza di regole minime di convivenza, niente più che un civismo basico: un patto mutuale di non belligeranza, che prevede competenze certe e chiare, che possono essere esclusive e condivise. Sono solo alcuni esempi.
Grazie all'ambiente, riesco a scendere nell’antro dei miei pensieri perfino quando cammino per le vie principali: per me è un eden! Se Dio dovesse parlarmi, potrei sentirlo. Purchè lo faccia lontano dagli incroci a raso.
Uno dei motivi per cui si deve restare svegli mentre si cammina in centro è l'alta densità di biciclette.
Uno dei motivi per cui credo nell’esistenza di dio è che ho letto pensieri sublimi espressi da uomini abietti. L’unica spiegazione che mi sono dato è che uno spirito esiste – almeno uno – e che di tanto in tanto entra in qualcuno di noi e gli fa fare o dire cose molto ispirate. Ma questo non c'entra; ci entrerà più avanti. 
Dicevo del perchè fare il libraio: bene, il modo in cui uno si procura il cibo non deve essere per forza incruento, comodo, o divertente o istruttivo. Però bisogna ammettere che sarebbe facile preferire un lavoro incruento a uno cruento, o uno istruttivo a uno insalubre. Fare il libraio è salutare, stimolante, divertente e fisicamente sostenibile fino a tarda età. Dipende da come si interpreta il ruolo.
Dipende da quanto si può concedere al pubblico, agli "alieni" che si nascondono dietro a ogni cliente. Che possono suscitare reazioni diverse, talvolta da reprimere per evitare guai con la legge.
La società italiana è maleducata: se sopporti questo, puoi vendere libri, cioè fare il libraio.
Si sopporta molto quando in cambio si può disporre di tante idee e di tante storie.
Io vengo sedotto dalle parole e dalle storie - chi sia a scriverle è un dettaglio. E' un sentimento.
In cinquemila anni di scrittura di autori ne sono passati un po’, e quelli che restano sono mosche bianche. Saranno sempre pochi, in proporzione. 
L’idea buona può passare per la mente di chiunque, e penso che sia sbagliato creare personaggi per consentire alle idee di passare, trovare la  "faccia giusta". 
Perché succede, eh! C'è una bella idea, ma per farla sfondare - e ottenerne il maggiore profitto possibile - bisogna abbinare la pubblicità giusta; la pubblicità è un veicolo, e le apparenze, la scatola, la faccia sono pubblicità. Quindi si impacchetta il prodotto con le apparenze adatte a favorirne il "maggior successo possibile".
Nascono gli autori seriali. Un colpo buono e cento a salve. Un libro memorabile e una pletora di volumi vuoti. Il nome di un autore diventa brand. Fine dell'ispirazione e inizio del mercato. 
Se ti ripeti, allora meriti. Se nel barile rimesti, per quanto resti? Molti strizzano quell’idea buona fino all’ultima goccia, e la diluiscono tanto che poi se ne perde il senso. Lo scopo sembra quello di pubblicare il più possibile, perché quella "luce" si deve sfruttare al massimo: cos’è? Hai paura che non tornerà? Che non sarai più all'"altezza"? Ti do un consiglio: "Vola basso e schiva i sassi" (cit. PC)!
Alcuni, invece, hanno scritto tante cose importanti, hanno avuto continuità nella qualità anziché nella quantità, e sfruttare l’ispirazione non era tra le loro preoccupazioni: sono i Bravi, al primo di stadio dell'iter che porta tra i Grandi. Non per forza i Classici, odiati a scuola o sponsorizzati dai cineasti neoclassicisti (un esempio? Polanski con Oliver Twist: oltre 40.000.000 di dollari incassati)
Vecchi e nuovi. Quelli vecchi, va be’, li trovi già a scuola. Quelli nuovi bisogna cercarseli.
Penso che riuscire a trovare la calma aiuti ad abbassare il volume giusto, quello di un Grande, o al limite di un Bravo, e isolare le sirene delle pubblicità, sirene che creano uno stato di agitazione, che fanno male alla quiete.

Anche nell’ambiente dell’editoria ci sono grida, strilli e schiamazzi. 
Faccio il libraio perchè mi piace il silenzio, care infermiere forestiere!
E c'è un'altra ragione, l'ultima della prima puntata della serie "Rispondo alle domande dei lettori":

Cerco l’opera a me contemporanea che sia in grado di diventare un classico: devo intercettarla e diffonderla.
Vorrei, anzi, voglio, che diamine, desidero con tutto me stesso avere il merito di distribuire Quel Libro, quello che non era stato "capito", che ha rischiato di finire nel "dimenticatoio", che sarebbe andato perduto e che invece, col tempo - quando sarò forse solo un vecchio insolente e cattivo - ti diventa un classico. 
La stramaledetto classico.
Ecco.

Chi fa l'infermiere dovrebbe ricevere dei privilegi, dei bonus. 
Sogno o realtà?

6 commenti:

  1. Perché fare il libraio?

    Mi è venuto questo video in testa...
    http://www.youtube.com/watch?v=rV-j2TyGQA0

    Abracci,

    S.

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    1. ciao S. (... ?), che video meraviglioso. Trovo davvero che ci siano delle risposte valide dentro. Perché fare il libraio espone spesso ai rischi della meraviglia. Sto cercando di capire se, come mestiere, sia più sottovalutato o sopravvalutato. Sempre più trova posto nelle narrazioni - sia video che cartacee o da web 2.0. Forse aumentare il tasso di librai, amici e custodi di libri, nella "fiction" tradisce il timore che il libro non viene difeso abbastanza?
      O forse è una conseguenza della nostalgia dei librai vecchio stile? Io la mia idea me la sono fatta.

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  2. Se chi fa l'infermiere lo fa per vocazione, non ha bisogno di privilegi e bonus, premettendo un onesto trattamento lavorativo duvuto a tutti i lavoratori in un paese civile (?!). Se per invece è solo un lavoro, ma lo fa bene, nel pieno rispetto del ruolo, allora andrebbe forse incentivato a rimanere in caso di carenza. Se invece è un po'...truffaldino, se non è proprio il lavoro che immaginava...beh, allora sarebbe meglio incentivarlo a trovarsene un altro!

    Leggendo le tue parole, ho commesso l'errore di girarmi la domanda delle tue clienti infermiere forestiere...e dubito che riuscirò a rispondermi prima di prender sonno. E spero che il sonno arrivi in fretta.

    Ma per chiudere in bellezza, devo ammettere che il tuo lungo post è fresco, prieno di grinta e di speranza.

    Buona Caccia ordunque! ... per il classico...naturalmente!!

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    1. Gli infermieri in Italia saranno centomilamigliaia, e non posso parlare dell'intera categoria, ma voglio pensare a quegli infermieri che fanno da mediatori tra medici e pazienti. Solo per questo - mansione che non gli viene riconosciuta nel contratto, figuriamoci in busta paga - hanno tutta la mia simpatia! Forse finisco un po' troppo spesso al pronto soccorso...
      Qualche volte anche io mi sono girato quella domanda, ma anni dopo aver iniziato. Non che fossi giunto a conclusioni chiare. Arrivava prima il sonno :)
      Sai che quando me l'hanno chiesto - perché faccio il mio lavoro - la cosa più stupefacente è stata avere la risposta pronta? Ho accuratamente omesso che quando ho iniziato a vendere libri non nutrivo alcun progetto di diventare "uno del settore", facevo soprattutto un lavoro di braccia... che detto da me (59 kg di fantasmi di muscoli). Solo il tempo, la prassi, mi ha fatto aderire al mestiere. E un ingrediente un poco più raro del tempo: l'interesse. Ognuno ha diversi interessi. Sia te che io, ad esempio, ne abbiamo più di quanto riusciamo a soddisfarne. Se uno di questi interessi riesce a diventare una specie di lavoro - occupazione è una bella parola - allora bisogna ammettere di avere avuto fortuna, almeno una volta nella vita.

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  3. Anche io come sai lavoro per e con i libri, e anche io spero sempre di trovarmi tra le mani quel futuro "nuovo classico"...e soprattutto spero di saperlo riconoscere e far conoscere, sai che smacco averlo a disposizione e non capirlo? Roba da mangiarsi le mani (pagine?) per dei mesi!
    Off Topic: Ma che bello sentirti descrivere la mia città con gli occhi sinceri di chi ci è venuto a vivere con consapevolezza, e non con l'occhio abituato di chi invece c'è nato e non si è mai allontanato troppo :)

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    1. Il libraio oggi è un mestiere in discussione. L'immaginario comune lo vede ancora come assiduo lettore, aggiornato, appassionato ma flemmatico. In molti casi il libraio moderno si vede "sbattezzato" del proprio nome e ri-etichettato a commesso, quando non addetto alle vendite (se si lavor in una catena, e si è solo un anello della stessa). Per trovare il classico, per eleggere il capolavoro di un autore, non c'è sinossi che tenga, ne passa parola, ne fascetta pubblicitaria. Bisogna leggere tutto. Nel marasma delle pubblicazioni, è impossibile leggere non dico tutto, ma tutto quello che desta interesse. Perchè una cosa rimane da libraio vecchio stampo a libraio moderno: la curiosità. Veder passare tanti titoli sotto il naso è una fortuna incredibile, e la ns curiosità accende delle lucine che bisogna tenere accese fin quando i libri dell'ultima spedizione non sono tutti a posto. Allora si torna allo scaffale-amico, gli si fa una carezza, e gli si toglie il volume che ci aveva attirati. Qualcuno ce lo perderemo, ma è probabile che riconosceremo i lavori buoni da quelli scadenti, e così, un grado alla volta, si può davvero arrivare al "Classico del Futuro". La città è bella, se si apprezzano le proporzioni, i chiaroscuri, la miniatura, gli strati di polvere... non so se mi spiego
      a presto!

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