giovedì 29 agosto 2013

Libraio, perché no?

La persona che sceglie di lavorare come libraio - di propria iniziativa, senza ricatti e in presenza di numerose alternative -  è insieme una timida personcina che ha fatto sua l'arte di accontentarsi, un pericoloso fanatico della preservazione culturale e un amante platonico.
Il libraio è colui che vende libri. Li vende e non li scrive e non li fabbrica, non li commissiona, non li inventa. Ama le lettere, e sa che il suo sentimento non sarà mai appagato. Non potendo conoscere tutte le sfaccettature della letteratura, si accontenta di frequentare e amare parti del tutto. Platonismo puro.
Io sono un libraio.
E adesso sono un libraioblogger: scriverò tanti fumetti che scenderanno a tendina in una bella pagina web, e in ogni fumetto scriverò qualcosa su ciò che le pagine di carta - ma non solo di carta - mi hanno dato.
Finora ho sempre sfogliato da destra a sinistra, ora inizio a scrollare da su a giù.
Sebbene possa sembrare, in modo del tutto legittimo, piuttosto presuntuoso, uno dei moventi che ho per uscire dal canale analogico della libreria ed entrare in quello virtuale della rete è il movente della "resa".
Chi è del mestiere ha familiarità col termine: coincide con un alleggerimento del magazzino, una telefonata al corriere e la preparazione di una spedizione. In questo caso ci sono delle differenze, ma in sostanza io rendo.
Restituisco.
"Cosa"? e "a chi"? sono domande legittime. Difficili ma legittime, e proverò a rispondere a parole.
La somma delle opere letterarie che ho letto è per me il più grande patrimonio che possiedo.
L'ho ricevuto da perfetti sconosciuti. A volte ne ho comprato un pezzetto, altre volte ne ho ricevute in dono preziose parti. Altre volte ancora ho usufruito di prestiti. Grazie amici!
Fatto è che mi pare proprio di avere accumulato una grande ricchezza: le mie letture.
Sarebbe stato equo e da persona "normale" lasciare tutto così: prendere libri come si prendono vestiti, bevande o treni, e vivere pensando che le cose importanti fossero altre. Invece no.
Invece un bel giorno, in un'epoca che sembra lontana ma che in realtà è giusto dietro l'angolo - ovvero gli "Anni Novanta" - ho iniziato a lavorare coi libri. Grazie ai libri guadagnavo denaro.
Sbilanciamento.
Ricevevo dai libri anche il sostentamento quotidiano.
A quel punto si è innescato il meccanismo fantastico che ha spinto la mia vita fino al punto in cui si trova ora.
E ora si trova in una comunità virtuale e inafferrabile, liquida e integrata, dove posso pubblicare perfino confessioni spontanee non richieste.
Il meccanismo ha portato il libraio al punto di domandarsi, allo specchio: "non credi che potresti dire su internet quello che dici ai clienti? Sarebbe bello nei confronti dei libri. E ti farebbe bene, perché ti sentiresti più leggero!"
Le opinioni e perfino le idee suscitate dalle letture, io le condivido, quindi le diffondo; e questo è sempre un servizio nei confronti delle Parole e delle Storie!
Comincio a parlare di soggetti inesistenti, e questo dimostra la difficoltà a cui accennavo prima: se chi legge non pensa che opinioni e idee siano cose importanti, pesanti e in qualche modo concrete, non capirà questo discorso.
Le sensazioni e perfino le emozioni suscitate dalle letture, allo stesso modo le ri-volgerò alla libera rete di interconnessi. Rivolgere è anche restituire, nel senso di volgere verso la sorgente della parola, del pensiero o di altre forme di espressione umana. Le parole che mi sono arrivate, io le rilancio.
Alcune di quelle forme di espressione, tutti lo sanno, ci fanno provare ebbrezze inimmaginabili. Ci si innamora di quelle parole, ci si innamora degli involucri che le custodiscono: i libri! E quando si è innamorati lo si vuole dire a tutti - be', si vorrebbe, dipende. "Quando si è innamorati la gioia sprizza da tutti i pori", è irrefrenabile, è fuori dal nostro controllo. Insomma, che lo si voglia e che non lo si voglia, si finisce per spargere un po' di quella gioia. Condividere può diventare inevitabile.
Il libraio trasferisce le proprie sensazioni a chi gli chiede qualcosa sui libri.
Succederà su questo blog.
Campare facendo il libraio non è difficile come si sente dire in giro. Se fai il libraio, difficile è vivere alla grande, difficile è comprarsi tutti i libri che si vorrebbero a casa, se ad esempio ti svegli all'improvviso e vuoi leggere proprio quel libro che ti era piaciuto il pomeriggio precedente. Campare, si campa. E scrivere questo non è lamentarsi.
Io per esempio, sono tutto sommato contento della mia vita da libraio.
Lavoro nella libreria di altre persone.
La Piccola Città in cui vivo è perfetta per questo lavoro: è raccolta, c'è vivacità, è ordinata, c'è ancora spazio per tutti. Una Piccola Città che cresce, che piace alla gente che ci vive.
Penso che il mio mestiere sia in estinzione. Questo, lungi dall'alimentare in me angosce profonde e inconsolabili, mi esalta. Dà un senso alla mia vita.
Come, del resto, glielo dà il "restituire".

2 commenti:

  1. Ciao Ema......
    Non ci crederai...ma anche Io da un pò di tempo, faccio un lavoro molto simile al Tuo........., e penso che in qualche modo anche questo sia Arte!!!!!

    Simone.

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    Risposte
    1. Bene Mone. ParliaMone!
      Quali sono le similitudini?
      Qual è il lavoro cui fai cenno?

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